La classe del Draft di quest’anno è una delle migliori degli ultimi 5 anni”.

Quante volte abbiamo sentito o letto questa frase nei portali di pallacanestro americana, parlando di College Basketball? Tante. Forse ogni anno, magari una volta ogni due. A volte un azzardo, a volte una previsione scontata, ma sempre e comunque una frase che crea una gran quantità di hype nella testa di chi aspetta solo quella notte di mezza estate dove ieri David Stern ed oggi Adam Silver, al microfono, annuncia who picks who, quale squadra sceglie il suo prossimo talento da cui provare a ripartire.
Dall’infinito e bellissimo mondo dell’NCAA ogni anno escono talenti da far strabuzzare gli occhi, i prossimi MVP dell’NBA ed i volti che vedremo nelle pubblicità delle scarpe da mettere ai nostri piedi. La tendenza che negli ultimi anni sta andando per la maggiore tra i fenomeni della prossima generazione è quella degli One&Done, ossia fare un solo anno universitario per poi dichiararsi per il Draft NBA.
Da John Wall nel 2010 all’ultimo Ben Simmons, inframezzati dai vari Kyrie Irving, Anthony Davis Anthony Bennett (…), Andrew Wiggins e Karl-Anthony Towns. Da 6 anni a questa parte, il primo giocatore a stringere la mano al commissioner NBA e a mettersi il cappellino in testa è un freshman.

Tornando alla frase di apertura, possiamo dire che quest’anno c’è davvero tanto materiale per poter affermare con certezza questa teoria. Specialmente tra i freshmen.
Per conoscere uno di essi voliamo in California, atterrando all’aeroporto di Chino. In macchina ci dirigiamo alla vicinissima Chino Hills, famosa per… Nulla, fondamentalmente.
Ma questo solo fino a pochi anni fa.
Fino a quando un ragazzino non ha deciso di far nascere lì la sua stella.
Non una stella hollywoodiana, come in California sono ormai abituati da tanti anni.
Una stella della pallacanestro. La lista di cestisti californiani ad aver affiancato al loro nome la parola “Successo” è già ampia, e la prossima aggiunta potrebbe essere proprio lui, from Chino Hills – California, Lonzo Ball.

Dopo aver fatto le fortune della high school cittadina insieme ai 2 fratelli minori LiAngelo (che per provare a superare il fratellone ne ha messi 72 con 13 triple pochi giorni fa) e LaMelo (18 assist nella stessa partita), portandola al titolo statale lo scorso anno con un record di 35 vittorie e 0 sconfitte dopo una vita di anonimato non solo nella California ma negli interi Stati Uniti, il nuovo compito di Ball sarà quello di riportare in alto il college di UCLA, dove coach Steve Alford l’ha fortemente voluto per diventare il simbolo dell’ateneo di Los Angeles, e dire di no al college “di casa” è difficile per tutti, anche se non è di certo il migliore cestisticamente parlando.
Dopo Kevin Love e Russell Westbrook, i due più recenti – ma non troppo – eroi che hanno fatto sognare i collegiali losangelini, è il turno di Lonzo Ball, che dopo un mese dall’inizio della stagione collegiale ha già fatto breccia nei cuori di tutti: compagni, tifosi, addetti e semplici appassionati.

Capigliatura tra il mohicano e l’afro in cima ai 198 cm della sua ottima struttura fisica, viso brufoloso e sbarbato di un 19enne che non può entrare nemmeno in un pub e chiedere una birra media ma che, a detta del compagno Ike Anigbogu, “Non riesce a camminare nel campus collegiale senza essere fermato da 20 persone per un selfie”.
Centonovantotto centimetri, dicevamo. Buon fisico per un 2/3, no?
Peccato che il buon Lonzo sia un playmaker.
E non un playmaker qualsiasi, ma il MIGLIOR playmaker passatore dell’intera NCAA per distacco, con buona pace di due ottime pointguard come De’Aaron Fox di Kentucky e Cassius Winston di Michigan State. Cresciuto umanamente e cestisticamente sotto la iperprotettiva ala di papà LaVar a pane e “Nessun tiro è un cattivo tiro”, insieme ai due fratelli minori ha passato più tempo sulle tavole del campo da gioco che in qualsiasi altro posto un giovane adolescente dovrebbe frequentare alla sua età, ma a lui è andato tutto bene così. E soprattutto, al giovane Lonzo non interessano più di tanto i riconoscimenti personali. O meglio, fanno parte della normalità: dopo aver vinto il trofeo di MVP al torneo City of Palms, Ball ha dimenticato il premio all’aeroporto. Non tanto per negligenza o menefreghismo, ma proprio perché l’importante, per lui, è far bene in campo. Quello che succede prima e dopo la sirena è trash.

Ma che tipo di giocatore è Lonzo Ball?

Come detto, le sue abilità di passatore sono letteralmente straordinarie.
Ha una capacità di leggere il gioco superiore a qualsiasi altro giocatore in NCAA. Coach Alford predilige un gioco molto veloce, quasi D’Antoniano, con un tiro che può arrivare nei primi 7/8 secondi dell’azione: con al suo fianco due tiratori puri come the coach’s son Bryce Alford ed Isaac Hamilton e la sua abilità di capire qualche secondo prima ciò che sta per succedere in campo, Ball è il perfetto completamento per l’attacco di UCLA.


Prima segue bene la transizione offensiva, correndo davanti al pallone e mettendo nel radar Hamilton, poi lo serve al millimetro in volo. In coast-to-coast semina il panico tra la difesa avversaria ed innesca ancora Hamilton, bravissimo a mettersi in visione nel lato debole per un tiro piedi per terra.

Quando il numero 2 dei Bruins decide di accelerare l’azione i tempi si dimezzano ulteriormente, cercando un passaggio lungo (il suo passato da quarterback alla high school aiuta) o per un contropiede primario direttamente dalla sua area, caratteristica che nel basket statunitense oltre a lui può vantare veramente in pochi, tra cui un certo LeBron James e Kevin Love, o addirittura per un tiro da 3 punti a difesa schierata.


Ball vede tutto, anche dalla sua area: la prima linea di passaggio buona è sempre quella giusta, o per l’intelligente scatto in profondità di Hamilton o per il tiro micidiale di Alford che, anche se abbastanza scriteriato, rispecchia al 100% il gioco di UCLA.

Per capire quanto sia importante la direzione dell’orchestra da parte del maestro Lonzo Ball prendiamo un numero molto significativo: infatti, la percentuale di assist smazzati dal freshman californiano in relazione al totale della squadra mentre Ball è in campo è di 36.7%.
Non solo assist: palla in mano, infatti, il ragazzo di Chino Hills può colpire con tutti e tre gli elementi della triple threat, la triplice minaccia: tiro, palleggio, passaggio. Le difese avversarie lo sanno bene, e spesso tendono a concentrare su di lui fin troppe attenzioni.

L’intelligenza di Ball sta anche nelle piccole cose: non appena vede un raddoppio su di lui o un difensore che si disinteressa del diretto avversario, riesce sempre a pescare nei tempi e modi giusti l’uomo lasciato libero dalla difesa. E, in molte situazioni, i difensori rivolti verso il Ball palleggiatore sono addirittura 4 dei 5 uomini in campo…

Non solo assist anche perché le mani sono più che discrete. Avrà anche una tecnica di tiro più che rivedibile, ma le percentuali dal campo parlano per lui: 70.3% da 2, 43.5% da 3 ed un migliorabile 73.1% a cronometro fermo, con una percentuale reale del 68.7%. Il catch&shoot è molto efficace, più di quanto si pensasse al suo approdo a UCLA, dove molti lo riducevano esclusivamente ad un assistman penetratore e poco preciso da 3 punti. Ed anche il range di tiro, in ottica NBA, è molto esteso.


La velocità di rilascio e la tecnica (il tiro dalle mani di Ball non parte centralmente ma dalla sinistra della sua testa) non sono delle migliori, ma se in fiducia ed in ritmo non si fa problemi a tirare anche qualche passo dietro la linea dei 7,25m, con risultati più che discreti (20 tiri realizzati su 46 tentati in 9 gare).

Diciannove anni compiuti questo Ottobre, la gioventù e la scarsa esperienza nel nuovo mondo del College ogni tanto prendono il sopravvento nelle giocate di Lonzo Ball. Qualche virtuosismo di troppo nel palleggio, passaggi pigri o scelte di tiro troppo avventate sono cose su cui Ball e coach Alford dovranno lavorare per limitarle o, se possibile, eliminarle dalle letture di gioco del playmaker dei Bruins. Su 40 minuti, Ball perde 3.1 palloni a partita, con una percentuale del 20.1% su 100 possessi: certamente è un dato confortante se affiancato ai 10.8 assist sempre parametrati sui 40’, ma preso singolarmente può far storcere il naso.


In pochi secondi fa 8 palleggi sul posto e non guadagna nemmeno un po’ di vantaggio sull’avversario, poi si accontenta di un tiro dalla media totalmente fuori ritmo. Nella seconda azione rifiuta un buon tiro per tentare una penetrazione addosso al difensore, e finisce per scaricare il pallone nel vuoto. Nel terzo video, con troppa sufficienza prova a servire un suo compagno con un passaggio ad una mano dal basso verso l’alto. Risultato? Palla persa e contropiede subìto.

Oltre al passaggio, un’altra significativa caratteristica di Lonzo Ball è sicuramente l’atletismo.
Molti lo hanno paragonato, tra tanti, anche a Russell Westbrook, ex Bruins anch’egli. Per quanto sta facendo in questo periodo Westbrook in NBA non si possono scomodare paragoni di questo calibro, ma…
Il ragazzo da Chino Hills sa il fatto suo.
Non ha ancora l’esplosività di RW nell’1vs1, ma è comunque in grado di sgommare in faccia agli avversari e lasciarseli dietro in una frazione di secondo, con un’accelerazione che pochi si potrebbero aspettare, per poi andare a concludere a distanza ravvicinata dal ferro. E spesso anche con qualche significativa escursione sopra l’anello.


Se vede un buco nella difesa avversaria, Ball non esita ad infilarcisi battendo il difensore e volando al ferro. Poi, se il vostro playmaker di fiducia corre in contropiede e conclude così, fatemi sapere.

Nonostante la notevole taglia fisica, il gioco spalle a canestro non fa ancora parte dell’arsenale di Lonzo Ball. In gran parte delle occasioni è più alto dell’avversario e non di poco, ma raramente decide di portarsi spalle a canestro nel post basso per prendersi un vantaggio fisico.
Oltre al post basso, quello in cui difetta di più Ball è sicuramente il muoversi senza palla. Non tanto letture e movimenti sbagliati/non effettuati (che sono pochi ma ci sono), ma più che altro il suo mantenersi lontano dall’azione in svolgimento.

È un difetto che Ball espone reiterate volte durante le sue partite, e che dovrebbe cercare di correggere al più presto perché non aiuta né lui, né i suoi compagni di squadra, che si trovano in questi casi a giocare 4vs5.

Capitolo difesa.
Il fisico certamente lo aiuta molto nei duelli one-on-one, ed anche quando si trova a dover difendere nel post basso contro un avversario fisicamente più attrezzato di lui, grazie ai suoi 198 centimetri riesce a tenere botta e, spesso, anche a trovare una stoppata. Inoltre è molto sottovalutata la sua difesa sull’uomo senza palla.


Nel primo caso impedisce al suo uomo di andare a prendere il passaggio consegnato, passando insieme a lui e non dietro al blocco, mettendosi tra uomo e palla. Poi ci dimostra quanto affermato prima: sia spalle a canestro che dopo l’1vs1, Lonzo Ball sa come stoppare un tiro. A dimostrarlo anche i numeri, come le 1.2 stoppate date su 40 minuti e la percentuale di tiri stoppati durante la sua permanenza in campo, un ottimo 2.6%.

Ci sono i pro, ma ci sono anche i contro per quanto riguarda la metà campo difensiva.

Spesso azzarda l’anticipo e poche volte trova successo (sono 1.7 le palle rubate a partita, pochine per un playmaker del suo stampo), costringendo i compagni a rotazioni scriteriate che spesso concedono agli avversari un tiro piedi per terra.


Oltre a notare l’eccessiva fretta di Ball nel voler anticipare il passaggio (raccogliendo sistematicamente solo aria), nella terza azione vediamo come, invece di correre a riempire l’area per proteggere il canestro, decida di far affidamento sui suoi buoni mezzi atletici per cercare di intercettare il passaggio. Cosa che, chiaramente, non riesce, e Texas A&M va a segnarne due facili.

Un altro difetto difensivo di Ball è quello di concedere troppe volte la penetrazione centrale nell’1vs1 al suo diretto avversario, cosa da evitare come la peste e che viene insegnata in tutti i settori giovanili già in tenera età.

Confrontiamo le due azioni: prima manda verso il centro il suo uomo, che chiaramente ringrazia e segna da sotto in maniera abbastanza facile. Nel secondo caso invece, svolge un ottimo lavoro nel chiudere il centro all’avversario, che è costretto a forzare una penetrazione sul fondo ed a schiantarsi sull’aiuto puntualissimo di Welsh, commettendo anche infrazione di passi.

La vittoria di qualche giorno fa di UCLA sull’allora #1 Kentucky, anche grazie all’ottima prestazione del numero 2 dei Bruins da 14 punti e 7 assist, ha contribuito a lanciare definitivamente Lonzo Ball nel panorama dei migliori giocatori del College Basketball edizione 2016/2017, ma non ce n’era bisogno. Un playmaker di 19 anni che viaggia a 9.3 assist di media nella sua prima (e unica?) stagione NCAA a UCLA, con quella facilità di esecuzione, con quella concentrazione e sì, seppur con i suoi difetti, non si vedeva da qualche tempo. Un giocatore che dall’anno scorso è ancora imbattuto, con un record di 44 vittorie e 0 sconfitte all’attivo tra Chino Hills High School ed UCLA.
Chi guardandolo ripensa a Jason Kidd, chi a Penny Hardaway, chi addirittura scomoda paragoni importanti come Magic Johnson.
D’altronde, papà LaVar lo ripeteva sempre ai suoi 3 pargoli durante gli allenamenti: “Avete la possibilità di diventare i prossimi migliori giocatori del panorama mondiale, non fermatevi di fronte a nulla”.

Il tempo è dalla sua parte, i grandi lo attendono. Ma prima dovrà continuare a stupire.
Il mondo non è ancora pronto per il prossimo capitolo del playmaking.
Il mondo NBA non è pronto per inchinarsi a Lonzo Ball.

 

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