Sono una categoria per la quale solitamente non si scomodano gli oxfordiani per raccontarne le gesta. A differenza di tutti, loro non hanno come obiettivo la vittoria, e non possono nemmeno perdere.
I tifosi sanno quasi sempre di che cosa si occupano le loro madri, spesso scorgono tra i loro capelli delle corna più grosse di quelle di un cervo adulto e pensano che la loro vita sia raggiante come una puntata di “Chi l’ha visto?”. Sto parlando degli arbitri.
Quello dell’arbitro è un ruolo che si può velocemente sintetizzare così: un’ora e mezza in cui la frase più gentile che gli viene rivolta è “i soldi che prendi, spendili tutti in medicine”. Viene naturale domandarsi ma chi glielo fa fare? Perchè lo fanno? Perché tra il ruolo di giocatore, dirigente, tifoso, bagarino, trombamico del magazziniere, scelgono di fare l’arbitro? La risposta è: boh.

Gli arbitri non sono tutti uguali e variano da categoria a categoria. Quelli di Serie A li conosciamo tutti, sono sicuri, severi, sono dei veri e propri professionisti ben pagati. Quelli che però incarnano alla perfezione lo spirito del vero arbitro, sono quelli delle categorie più basse. Ecco il loro identikit: età sulla sessantina, arrivano sempre 5 minuti prima della palla a 2 e in un amen si aprono il giubbotto e sono già pronti con la divisa sotto. Senza salutare nessuno cominciano a fare il riconoscimento storpiando tutti i cognomi. Poi alzano la palla a due malissimo favorendo spudoratamente il saltatore a destra perchè a sinistra hanno la sciatica e comincia finalmente la partita.
Il raggio di corsa è pari al diametro del cerchio di centrocampo e la divisa grigia attillata fa immeritatamente risaltare l’addominale rilassato. L’occhiale da vista coi fondi di bottiglia al posto delle lenti trasmette ai giocatori la stessa tranquillità di avere come nuovi vicini di casa Olindo Romano e Rosa Bazzi. E poi il pezzo forte del repertorio, i fischi pazzi: “passi” durante un time out, tecnico al 12 rosso ma la 12 rossa è stata ritirata 6 anni prima per la prematura scomparsa dell’indimenticato capitano, e soprattutto l’incredibile necessità che la partita duri poco perchè se fanno troppo tardi la moglie s’incazza. Nascono così quelle famose partite del mercoledì sera alle dieci che farebbero impallidire anche un lottatore di MMA.

Catalizzarori di qualsiasi tipo di insulto hanno però una peculiarità che li rende unici nello sport: senza di loro non si gioca.
Sì, esattamente come la palla. Senza palla non si gioca.
E senza palle non si arbitra.

Lode agli arbitri, sempre.

Oh, però quello era fallo porca puttanaaaa!!

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Raffaele Ferraro

Sono quello che gestisce la pagina facebook e il profilo twitter. Scrivo tutti i pezzi violentando quotidianamente la lingua italiana. Sì insomma, sono quello che non ha una vita sociale.
Ora che abbiamo anche un sito ho raccattato dalla strada tre disperati dal buon livello di ignoranza ma soprattutto dal massimo livello di passione per la palla a spicchi.
Essendo di Bologna ho più pallacanestro che trigliceridi nel sangue.

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