Settembre 2011, Stoccolma.

Stanghe bionde ventenni, 20° gradi di temperatura, Carlsberg da litro ed Eurobasket 2011 in tv nei pub.

Quello che l’homo basketorum medio potrebbe definire “Paradiso”. Se non fosse che con me c’è la mia ragazza.

Oggi però è il 16 settembre e la Macedonia, contro ogni pronostico, si gioca un posto in finale nel match contro la Spagna.

“Marco, andiamo a fare un giro?”.

“Vai pure tesoro, ti raggiungo fra un paio d’ore”.

Se devo ricordare una Nazionale che in una competizione internazionale mi ha esaltato ai livelli delle Filippine degli ultimi Mondiali non posso che scegliere la Macedonia. Quella dei Big Three alla Sergio Leone: il Buono, il Brutto e il Cattivo.

team macedonia

 

VLADO, IL BUONO

Vlado Ilievski è il Biondo: schivo, taciturno, freddo. E letale con la sua arma, che non è la pistola ma la palla da basket. Come un cacciatore di taglie ha girovagato per l’Europa agguantando titoli su titoli: la prima edizione della Lega Adriatica, nel 2002, coprendo le spalle a due signori di nome Jure Zdovc e Beno Udrih in casacca Olimpia Lubiana; la Liga Acb 2004 tenendo le redini della squadra di Dejan Bodiroga e Juan Carlos Navarro; poi gli anni italiani, quelli a Roma e Bologna che lo consacrano cecchino infallibile (in maglia Virtus, nel 2006/2007, viaggia 12,5 punti col 52% da 2 e il 40% da 3 in una stagione in cui le V Nere, a sorpresa, si spingono fino in finale) e lo scudetto a Siena nel 2008 col ruolo di vice-McIntyre. Tanti successi ma sempre con un ruolo defilato: quelli del comprimario di lusso. Un ruolo che ha sempre vissuto con la serenità di chi sul piatto il cuore ce lo mette sempre.

 

BO, IL BRUTTO

Lester “Bo” McCalebb è Tuco: basso, un po’ sgraziato, non certo una bellezza sia esteticamente che in un tiro da fuori che, al contrario di quello di Ilievski, è tutto fuorché chirurgico. Bo non ha avuto le fortune del Biondo, il mondo dorato della Nba l’ha snobbato. Sbarca in Europa, fa faville al Partizan e capisce che è quella la sua dimensione. Allora, nel 2010, prende un volo per Skopje, dove ad attenderlo c’è un tesoro. “Sono volato giù e il giorno dopo avevo un passaporto macedone in mano”. Con su scritto Borche McCalebbovski. Il biennio 2010-2012 a Siena sembrava consacrarlo verso l’Olimpo dei grandi d’Europa, poi le ultime annate tra Fenerbahce e Bayern ne hanno un po’ offuscato la stella. Ma non troppo. Citofonare casa Rajon Rondo:

 

PERO, IL CATTIVO

Pero Antic non può che essere Sentenza: cupo e spietato, pistolero infallibile con la palla in mano, testa calda quanto basta. Il Cattivo s ce n’è uno. Pero è uno dei tanti mestieranti che cavalcano per l’Europa prima di quell’Europeo che lo colorato del biancorosso dell’Olympiacos, dove è stato tra i protagonisti dell’incredibile doppietta europea dei portuali ateniesi. Ma anche la fama di cattivo se l’è guadagnata sul campo. Nel 2007, viene cacciato dalla Nazionale per aver steso con un pugno in faccia il compagno Sinisa Avramovski dopo un battibecco seguente alcuni contatti ruvidi in allenamento. Le sue dolci mani le provarono pure Stiven Misanovic e Nenad Markovic ai tempi della Stella Rossa mentre dell’arresto a New York nel caso dell’accoltellamento di Chris Copeland non vale neanche la pena parlare. In ogni caso, lui è uno di quelli che i colori della sua Macedonia li porta sul petto:

pero-antic-tat

 

Essenzialmente, il team macedone a Eurobasket 2011 è questo qua. A dar manforte ai Big Three (nelle 11 partite della manifestazione, Ilievski gioca 37,5 minuti di media, Antic 34,8, McCalebb 34,2) c’è il veterano Todor Gecevski, visto ad Avellino nell’ormai lontano 2002/2003 senza lasciare grandi ricordi. C’è un Vojdan Stojanovski ancora pressoché sconosciuto fuori dai confini nazionali. C’è un Predrag Samardziski che avrebbe fisico e numeri ma non gli intangibles del compagno di reparto Pero. Il resto è dimenticabile.mAltro che le armate di talenti dei cugini slavi, altro che le stelle Nba francesi e spagnole, altro che la tradizione post sovietica e la durezza mentale greca. Altro che un santone in panchina.

Altro che hype.

La Macedonia che arriva agli Europei lituani ha vinto 2 gare su 9 totali nella sua storia continentale. Stefanov e Naumovski si sono ritirati da tempo e Marques Green (o meglio, Markes Grin), trascinatore della squadra nel Qualifying Round dell’estate 2010, viene lasciato a casa per fare posto a un McCalebb che è sì uno dei giocatori più forti d’Europa all’epoca ma sui cui stimoli le nubi sono quantomeno grigiastre.

bo

Il 31 agosto si alza il sipario ed è subito derby contro il Montenegro. L’allora romano Vladimir Dasic stampa 20 punti e 16 rimbalzi in faccia alla coppia Antic-Samardziski (che fa 16+12 in coppia), ma con le unghie i macedoni portano la partita all’overtime, cedendo solo all’ultimo minuto in una partita a dir poco elettrizzante.

Nessun dramma, tutto da copione.

Passano 24 ore e c’è già la Croazia ad attendere. Il copione fila via come dovrebbe fino a inizio terzo quarto, quando con una partenza bruciante i croati volano a +12 sul 49-37. Timeout Macedonia al 22’. Un minuto sulla panchina della semideserta arena di Altynus che cambia la storia di una squadra.

Al rientro in campo, la Macedonia si trasforma. McCalebb ha i reattori nei polpacci, Antic è il faro da cui la squadra riceve sicurezza in area. E per i momenti caldi c’è Vlado Ilievski, che stavolta la chiude così (minuto 1:00 e seguenti):

Prima tacca in classifica e giorno di riposo prima di una partita che a Skopje e dintorni sentono come LA partita: quella contro la Grecia. Una nazione intera si ferma davanti al televisore. Si chiudono i negozi e gli uffici, le strade sono deserte.

L’odio tra macedoni e greci affonda le radici nei primi anni Novanta, quando la Macedonia si proclama pacificamente indipendente dalla Jugoslavia e richiede il riconoscimento dei vari organismi internazionali. Nessun problema, se non fosse che la Grecia punta i piedi perché col nome Macedonia si indica anche una regione greca e per la bandiera ufficiale viene usata la Stella di Verghina, simbolo della dinastia di Filippo il Macedone, padre di Alessandro Magno. Dispute che hanno portato la Macedonia a dover usare il nome di FYROM (Former Yugoslavian Republic of Macedonia) e a modificare la bandiera camuffandone la stella centrale su fondo rosso.

E, parlando di basket, il -32 rimediato due anni prima brucia ancora forte.

Ma secondo voi a McCalebb, che in Macedonia è stato poco più di 24 ore in tutta la sua vita, fa qualche differenza tutto ciò?

racism_eurobasket

“Abbiamo giocato in uno stato di trance e la nostra difesa è stata semplicemente fantastica”, le parole di coach Dokuzovski a fine partita. Eppure la Grecia, con Diamantidis e Spanoulis a casa, sembrava comunque poterla sfangare almeno per tre quarti. Poi McCalebb si ricorda che Zisis a Siena lo guarda giocare: 27 punti alla sirena, 23 solo nel secondo tempo e i biancorossi spazzano via gli acerrimi nemici.

Sono in 5 mila a festeggiare in piazza a Skopje davanti alla statua di Alessandro Magno. “Dobbiamo erigere una statua a Bo e Pero. Meglio questa vittoria che vincere l’Europeo”, dice un tifoso nell’euforica notte macedone.

Vincere l’Europeo. Anche solo prenderlo in considerazione pare pura follia. Ma sulle ali dell’entusiasmo impossible is nothing.

festa

Nel day after dell’impresa greca, i macedoni soffrono le pene dell’inferno contro la Finlandia, ma è un monumentale Antic a salvare la baracca con una partita da 14 punti e 19 rimbalzi, compreso quello sul libero sbagliato volontariamente da Koponen per cercare il pareggio in extremis. Vittoria numero 3 a Eurobasket 2011, già più di quanto fatto in tutto il resto della propria storia per la Macedonia.

Ogni partita un thriller, ormai sembra un marchio di fabbrica. Il chiaro successo sulla Bosnia che chiude la prima fase consegna ai macedoni un’incredibile primo posto nel girone, ma ora viene il bello: provare a superare i propri limiti e spingersi fin dove sognare è lecito.

Nella seconda fase è la Georgia la prima avversaria. E’ l’8 settembre 2011, 20° anniversario dell’indipendenza macedone. Due milioni di persone aspettano un altro regalo. Altra partita con la baionetta in mano. Una volta Vlado, una volta Pero, stavolta tocca a Bo deciderla. 16” da giocare, 63-63. McCalebb attende, sa che può fare a fette la difesa del georgianissimo Marquez Haynes quando vuole. -7”, -6”. È ora di andare. Due palleggi per coprire dieci metri, il lay-up mancino. 65-63, le vittorie consecutive diventano cinque.

La Slovenia col solo Goran Dragic non può fermare la marcia di una Macedonia che così stacca il biglietto per i quarti di finale. E così il match di chiusura contro la Russia vale addirittura come spareggio per il primo posto, fondamentale per evitare i padroni di casa della Lituania.

La Macedonia ci va vicino, molto vicino. Ma il Fato, che tanto ha dato fin qui, stavolta toglie: 2” da giocare, McCalebb ha infilato i liberi del sorpasso sul 61-60 con i russi in tilt in attacco, dove hanno racimolato appena 2 punti negli ultimi 8’. La palla che può cambiare un destino arriva a Sergei Monia. Posizione di guardia, coordinazione precaria. Risultato:

La beffa lascia l’amaro in bocca, nonostante l’approdo ai quarti di finale sia qualcosa di pazzesco. La Macedonia è ai quarti di finale di un Europeo. Ma ora c’è da andare alla Zalgirio Arena, dove 15 mila esagitati vestiti di verde sono pronti a spingere la Lituania verso il podio. Per di più, Gecevski non ci sarà e McCalebb e Samardziski giocano nonostante vari acciacchi. Insomma, chi pronosticherebbe una debacle lituana?

A questo giro tocca a Ilievski. McCalebb fa il vuoto come al solito trovando una valida spalla nelle triple di Vojdan Stojanovski (5/5 dall’arco), ma quando proprio Bo, attaccando il ferro, fallisce il lay-up del pareggio con 22” da giocare e Songaila strappa il rimbalzo sembra davvero finita.

Sicuri?

Il pivottone lancia nel vuoto una palla che andava solo tenuta in mano, il recupero lo perfeziona Stojanovski che cede a McCalebb. Gli occhi lituani sono tutti su di lui, compresi quelli di Kaukenas, che lascia libero Ilievski per correre a raddoppiare l’americano. Scelta sbagliata: raddoppio spezzato, palla a Vlado, tripla aperta: 66-65.

Ma non è finita. La Lituania ha 11” per scacciare l’incubo slavo. L’attacco è tutto fuorché perfetto, ma comunque ne viene fuori un buon tiro dall’angolo per Jasaitis. Ferro, rimbalzo che chiude i conti catturato indovinate da chi?

Ma da Vlad(o) The Impaler!

La Macedonia è tra le prime quattro d’Europa ed è certa di fare almeno le qualificazioni per le Olimpiadi di Londra 2012. Le medaglie sono lì, brillano davanti agli occhi del triumvirato macedone. E il popolo alessandrino impazzisce per i suoi eroi:

L’ostacolo Spagna è troppo irto per poter pensare di scavalcarlo, anche se ci vuole un Navarro da 19 punti nel solo terzo quarto della semifinale (35 alla fine) per mandare al tappeto i macedoni. Resta però una chance unica: quella di portarsi a casa un bronzo epocale. C’è da battere la Russia, che una settimana prima era riuscita a farla franca solo con la tabellata di Monia. È un’altra battaglia campale. Nessuna delle due squadre vuole mollare e all’ultimo giro di lancette è 68-68. Sergei Bykov con 15” da giocare dà il vantaggio ai russi con un (altro) fortunoso semigancio, ma la palla decisiva è in mani macedoni. Coach Dokuzovski vuole Damjan Stojanovski al posto di Samardziski per avere un cecchino in più nel caso si tirasse per vincere. Almeno in linea teorica, perché il gemello di Vojdan è 9/35 al tiro fin lì nel torneo. Fa tutto bene la squadra giallorossa: rimessa nelle mani di McCalebb, che attira il raddoppio e pesca proprio Stojanovski a un centimetro dal ferro. Deve solo appoggiare al vetro il 70-70 quando di secondi ne mancano 9. Ma… (consigliato fast forward al minuto 25:00)

Non c’è premio per la fantastica cavalcata macedone. Non c’è una seconda occasione. Ma stavolta il Buono, il Brutto e il Cattivo non muoiono in un cimitero nel deserto americano. Ma tra i 100 mila (il 5% della popolazione dell’intera repubblica, pensateci un attimo) di piazza della Libertà.

 

(immagine copertina di Eleonora Catalini)

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Marco Pagliariccio

Di Sant'Elpidio a Mare (FM), giornalista col tiro dalla media più mortifero del quartiere in cui abita, sogna di chiedere a Spanoulis perché, seguendo il suo esempio, non si fa una ragione della sua calvizie.

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