grafica di Mattia Iurlano
articolo di Marco A. Munno

 

 

Quando la signora Rita Jasikevičienė, vicecampionessa del mondo di handball al Mondiali del 1975, decise con un gesto rivoluzionario di rinunciare alla partecipazione ai Giochi Olimpici di Montreal 1976 per portare avanti la gravidanza (anticipata rispetto ai piani originari), all’esclusione perenne dalla squadra che ne seguì ribattè costantemente che “Il figlio le avrebbe ridato l’Olimpiade”.

Il piccolo crebbe in una delle culle della pallacanestro europea, quella Lituania con una popolazione di meno di 3 milioni di abitanti ma una passione per il basket immensa, alla stregua di una seconda religione, il cui livello espresso nel gioco è sempre di prim’ordine. Di certo, non si sarebbe immaginata come, andando a pescare fra i migliori giocatori lituani di sempre, affiancato al nome dell’immenso Arvydas Sabonis avrebbe ritrovato quello del suo Šarūnas. Se però il primo, successivamente al ritiro, ha proseguito la sua esperienza nel mondo cestistico in ruoli dirigenziali, il secondo sta continuando a mietere successi a contatto diretto con il campo, nelle vesti di allenatore all’alba della sua carriera.

Come giocatore Jasikevičius fu un talento precoce, cresciuto col sogno della canotta dello Žalgiris Kaunas e col mito (oltre a quello ovvio per qualsiasi ragazzino lituano di Sabonis) di Drazen Petrovic e Magic Johnson, dei quali ammirava la capacità di passare il pallone e di conseguenza provava ad imitare i movimenti durante estenuanti sessioni di allenamento alla Kaunas basketball school insieme al “talentuoso ma pigro” Žydrūnas Ilgauskas.

Emigrò negli Stati Uniti giocando nella Solanco High School di Quarryville e successivamente nel college del Maryland, dove veniva schierato nel ruolo di ala, inconsueto per quello da playmaker in cui si è successivamente districato per l’intera carriera professionistica; dopo la mancata scelta al draft NBA iniziò le sue svariate campagne europee di successo, diventando un punto di riferimento in qualsiasi dei diversi contesti in cui si calò.

Lietuvos Rytas in Lituania, Union Olimpija in Slovenia, Barcellona in Spagna, Maccabi Tel Aviv in Israele, Panathīnaïkos in Grecia, Fenerbahçe in Turchia e per ultima l’amata Žalgiris Kaunas si goderono i servigi del ragazzo: per l’intero arco della gara, Šarūnas esprimeva un’eccezionale intensità e un travolgente carisma nell’approccio ad ogni giocata e nel rapporto con compagni, avversari e arbitri. Dal punto di vista tecnico, sprovvisto di particolari mezzi atletici, era in grado di influenzare offensivamente le partite in ogni momento, mettendosi in proprio con fulminei jumpers dentro e fuori dall’arco e con le soluzioni in penetrazione, oppure coinvolgendo i compagni con assist provenienti da visioni cestistiche di qualche passaggio avanti agli altri; a tutto ciò, associando una scelta dei momenti “drammatici” in cui mettere a segno le giocate decisive.

Unico giocatore a vincere l’Eurolega per quattro volte, considerando l’era sotto egidia Uleb (dalla stagione 2000/2001) e unico a farlo con tre clubs diversi, indossando la divisa di Barcellona (2003), Maccabi (2004, 2005) e Panathīnaïkos (2009), è fra i 50 personaggi più importanti della storia della massima competizione per club europea, insignito del titolo di Euroleague Basketball Legend nel 2015, senza menzionare i copiosi successi all’interno dei campionati e delle coppe nazionali.

Se un neo è rappresentato dalla sua esperienza nella NBA, dove l’approdo ai Pacers, (voluto fortemente dal presidente Larry Bird) non vide coach Carlisle rispettare le promesse fatte di passaggio ad uno stile di gioco a lui più congeniale, e quello ai Warriors lo trovò chiuso dalla presenza nel ruolo della stella del team Baron Davis, con la divisa della nazionale ha scritto alcune delle pagine più importanti della storia della rappresentativa lituana.

Le prime avvisaglie del successo del connubio fra la divisa della selezione baltica e Jasi si ebbero durante le Olimpiadi del 2000, dove una nuova generazione di giocatori lituani si presentò con buone aspettative e quasi completò il miracolo di superare l’allora imbattuto Dream Team, nella sua terza declinazione, nella semifinale del torneo: sconfitta di soli due punti per 85-83.

La validità del gruppo però era tale da portare al trionfo continentale atteso per 64 anni (dopo le medaglie d’oro della seconda e nella terza edizione assoluta del 1937 e 1939), durante l’Eurobasket del 2003; la vittoria in finale contro la Spagna concluse un percorso netto di sole vittorie per il team, dove Sarunas rappresentava il frontman di un gruppo che poteva contare su Arvydas Macijauskas, Ramūnas Šiškauskas e Saulius Štombergas, in una delle squadre forse migliori mai viste in ambito continentale.

Fu però nel 2004 dove Saras, soddisfacendo ben oltre quanto immaginato le aspettative di mamma Rita, firmò quello definito da molti tifosi come il momento più bello accaduto nella storia del basket lituano; furono infatti la sue bombe nel finale del quarto periodo a diventare icona dello storico successo ottenuto per 94-90 sul Team USA, alla sua seconda sconfitta nella manifestazione olimpica nota per la loro débâcle e il mancato oro conquistato.

Per un giocatore di questa caratura, il passaggio alle vesti del coach è naturale.

Se nel 2012, alla richiesta del presidente Giannakopoulos di guidare il Panathīnaïkos, appena lasciato da Željko Obradović dopo il pluridecorato ciclo di 12 anni, la risposta fu negativa, così da continuare la carriera da giocatore, dopo il ritiro del luglio 2014 successivo alla conquista dell’unico campionato lituano vinto in quel di Kaunas, allo stesso Žalgiris non si fecero sfuggire Saras, offrendogli un posto da assistente di Gintaras Krapikas.

Quando però durante la stagione successiva, nel gennaio 2016, l’allenatore venne esonerato, come nuova guida del team arriva la sua promozione e l’occasione da head coach.

Da subito lascia il personale segno sulla squadra: la pallacanestro espressa aumenta di livello, conducendola ad una serie di buone prestazioni in Eurolega, nonostante una situazione di classifica deficitaria ereditata e alla vittoria del campionato lituano.

Rivelazione della squadra fu Brock Motum, australiano visto anche in Serie A senza sussulti alla Virtus Bologna

Il brillante semestre lo pone già sulla lista dei clubs d’eccellenza in Europa; il Barcellona, per il post Pascual, prova a riportare il lituano nella città che dichiarò essere la sua preferita. Tuttavia, l’accordo sfuma nel finale a causa di un limite imposto alla ACB, che permette l’ingaggio di soli coaches in attività da almeno due anni.

Resta quindi a Kaunas, con l’opportunità di gestire sin dall’inizio il team dove al nucleo storico di autoctoni, composto da Jankūnas, Seibutis e Javtokas, affianca due talenti stranieri quali il francese Leo Westermann e il canadese con passaporto sloveno Kevin Pangos.

I lampi di bel basket intravisti la stagione precedente diventano ben più frequenti; se la conferma nel campionato nazionale non era granchè in discussione, è sullo stage più importante del Vecchio Continente, quello tanto amato da Šarūnas dell’Eurolega, in cui Jasikevičius continua la personale legacy proseguendola nel nuolo ruolo in giacca e camicia.

Con un roster dalla poca esperienza europea e dal gap fisico che sulla carta la rendevano secondo gli esperti la probabile squadra peggiore del lotto, lo Žalgiris si dimostra un cliente scomodo per tutti, con un record di 14-16 e un decimo posto in stagione regolare, mancando l’accesso ai playoffs per sole due vittorie ma raggranellando successi importanti contro i campioni in carica del CSKA Mosca o con teams da playoffs quali Panathīnaïkos, Efes e Saski Baskonia, sopravanzando in classifica le sue ex squadre Barcellona e Maccabi.

Non presentando nelle proprie fila nessun talento individuale di livello assoluto, il collettivo risulta il punto forte dei lituani e la stella della squadra risulta essere proprio il coach che l’ha assemblata. I ragazzi vanno infatti in campo dando l’impressione di avere sempre ben chiaro il piano partita da seguire, affiancando la convinzione e la determinazione distintive delle passate prestazioni da giocatore di coach Jasi. La convinzione nei propri mezzi è spesso la molla che riesce a spingere, oltre i limiti, un gruppo che non presenta paure nel confrontarsi a visto aperto con squadre dal budget e da conseguenti mezzi fisici e tecnici superiori, dimostrando un piglio travolgente con il tipo di gioco espresso, in attacco e in difesa, che sovrasta avversari non preparati adeguatamente ad una tale energia di squadra e del pubblico dalla famigerata passione lituana.

A tal proposito, dice tutto il discorso motivazionale sul proprio valore fatto ai suoi dopo la prima partita, persa, nella stagione di Eurolega contro il Panathīnaïkos

 

Dal punto di vista individuale, nel corso della stagione Pangos e Westermann crescono a vista d’occhio, aumentando la capacità di lettura del gioco, impreziosendo un gruppo in cui Jankunas è il riferimento sotto le plance, presente in quel di Kaunas dal lontano 2003 (con la sola interruzione della stagione 2009/2010 trascorsa al Khimki).

Oltre alla pura pallacanestro, altro aspetto che rende l’idea del valore aggiunto da Šarūnas, noto avido lettore nonché appassionato di storia (soprattutto dei Nativi americani) e politica (soprattutto agli inizi della Perestroika) al suo collettivo, è quello che espresse direttamente nella famosa conferenza stampa durante la serie di semifinale del campionato lituano; in quella occasione, infatti, gli furono chiesti da un giornalista lumi sull’assenza di Augusto Lima, nel mezzo dei playoffs, tornato a casa per la nascita del figlio:

“Nothing can be more majestic in the world than the birth of a child. Not titles, not anything else. Augusto Lima is now in heaven emotionally. I’m really happy for him.”

 

In questa stagione l’ulteriore salto di qualità per il team baltico pone Jasikevičius al vertice degli allenatori europei, continuando la sua rapida escalation. Non potrebbe essere altrimenti, seguendo lo spettacolo che mette in scena da settembre lo Žalgiris in Eurolega, dove dopo l’inizio col discreto record di 5 vittorie e 5 sconfitte, ha piazzato una superba striscia di 5 successi consecutivi, con Panathīnaïkos, Fenerbahçe e Olympiacos fra le altre a soccombere ai baltici.

Al termine del ventiquattresimo turno, i lituani si ritrovano quarti in classifica, alle spalle delle superpotenze del CSKA Mosca e del Fenerbahçe e dei soliti noti dell’Olimpiacos, davanti in classifica alle altre squadre reputate in grado di giocarsi la vittoria della competizione fino in fondo come Real Madrid e Panathīnaïkos.

L’impronta cestistica lasciata da coach Jasikevičius sul team è evidente.

La principale peculiarità dello Žalgiris è il flusso offensivo: la truppa di Kaunas, terza assoluta del torneo per media punti realizzati con 82.29, attacca costantemente il canestro, cercando di ottenere vantaggi ottenuti dal continuo movimento di uomini e pallone e frustrando una difesa in continui inseguimenti degli attaccanti.

Con un sincronismo tale, difficile per le difese trovare contromisure

Nelle folate offensive i ruoli sono ben definiti, con Pangos e Milaknis a fungere da letali tiratori (46.2% in coppia, prendendosi oltre la metà delle conclusioni dell’intero team, con 240 delle 441), mentre il resto della squadra si affida poco alla conclusione pesante (penultima squadra del torneo per numero di tentativi a gara, con 18.38). Nonostante qualità individuali non eccelse in squadra, la puntualità delle esecuzioni nelle situazioni di collaborazione e il livello delle letture mostrato dai ragazzi è tale da creare spesso conclusioni ad alta percentuale, tanto da far risultare lo Žalgiris terzo assoluto per percentuale da 2 punti, col 55.03% e secondo assoluto per percentuale da 3 punti, col 41.50%, con conseguente secondo posto assoluto per quanto riguarda la percentuale di true shooting con il 53.09%:

Stesso set offensivo di partenza, tre soluzioni diverse prese dai ragazzi leggendo le contromisure prese dalla difesa

 

Senza contare la soluzione d’emergenza nei momenti di confusione, ovvero il gioco a due gestito dallo stesso Pangos con Jankūnas, rinomato tiratore dal midrange.

A dimostrazione della mentalità team first, ad esempio, è possibile notare come nella top 5 delle principali voci statistiche individuali (valutazione, punti, rimbalzi, assist, stoppate, percentuale da 2 punti, da 3 punti e da tiro libero) non sia presente alcun giocatore dei lituani, con l’unica eccezione rappresentata dal consueto Pangos, non certo casualmente nella voce delle assistenze (terzo, con 6.17); se invece si prendono le classifiche di squadra, proprio in quella degli assists lo Žalgiris è invece la seconda assoluta del torneo, con 19.79 in media a gara.

Se Pangos poi riesce a far passare anche questa…

 

Dal punto di vista difensivo, la squadra paga maggiormente gli svantaggi fisici nei confronti della media degli avversari. La media dei punti subiti difatti risulta essere una delle peggiori della competizione, con un 91.21 molto vicino a quelli subiti dalle ultime della classe; data l’assenza di rim protection, con alcun lungo che superi i 2.08 di altezza, la scelta del coach è quella di applicare una continua pressione sul pallone, con show aggressivi sui pick’n’roll così da forzare le esecuzioni degli avversari nel gioco a metà campo:

Mentre a tutto campo si ricorre a pressing così da rallentare e far spendere maggiori energie agli attacchi subiti.

Solo l’abilità di un campione come Calathes non consente allo Žalgiris di rubare il pallone

Il quadro complessivo resta comunque superbo; a proposito dell’ultima gara giocata in Europa, l’elogio tributato al lavoro ad uno dei suoi maestri, quello Svetislav Pesic che condusse il Barcellona con Jasikevičius giocatore alla vittoria dell’Eurolega nel 2003 e ora tornato sulla panchina blaugrana, ha reso ancor più roboante la vittoria ottenuta per 90-74, passo probabilmente decisivo per la qualificazione ai playoffs dove si presenterebbero come outsiders non certo inaspettati.

Con questo successo, inoltre, Šarūnas è già diventato l’allenatore più vincente dello Žalgiris nella storia dell’Eurolega, con 31 vittorie ottenute in 66 partite, superando Antanas Sireika secondo con 30 successi in 67 gare.

Letture sopraffine, determinazione, intensità, gioco di squadra come base per arrivare ai trionfi: queste le peculiarità a contraddistinguere il basket interpretato da Jasikevičius in maglietta e calzoncini, nonché quelle del gioco messo in scena dalla banda magistralmente guidata in questo nuovo ruolo da coach. Non sarà probabilmente lo Žalgiris a portare fino alle massime vette continentali lo Jasikevičius allenatore; ma sarà difficile non vedere nell’Olimpo anche in questa nuova versione da condottiero Šarūnas, uno a cui, indipendentemente dalla veste assunta, la vittoria nella pallacanestro scorre nel sangue.

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