1) LO ‘SCOPACAMPO’

scopaaaa

Luglio, Estate, ogni campetto che si faccia rispettare e in cui si faccia fatica a giocare ha le sue storie. Voci incontrollate, leggende metropolitane si susseguono, figure mitologiche di giocatori con pancia da Barry White e mano di Reggie Miller prendono il proscenio di tanto in tanto, facendo una giocata vincente che garantisce loro l’immortalità per tutto l’inverno successivo. E in tutto questo, fra sudore, infortuni, livelli di pallacanestro più o meno accettabili, ci sono alcuni volontari che non si piscia nessuno, ma che contribuiscono a mandare avanti il carrozzone.

Prendete lo ‘Scopacampo’, ad esempio. Certo, perché anche se il sole tramonta dopo le ore 21 e il periodo sembra perfetto per buttar giù nell’agenda un torneo estivo, ci sarà sempre quel giorno di pioggia che manda all’aria tutti i piani eccellenti degli organizzatori. Organizzatori che si accorgono di non avere a disposizione una palestra dove rifugiarsi, e si mettono a invocare brutalmente tutte le Madonne pregate fino a qualche ora prima. Ecco allora quest’ometto dai 40 ai 60, vestito malamente ma sportivissimo, pronto ad asciugare tutte le pozzanghere nei modi più impensabili, senza avere una singola possibilità di riuscita. Aspirapolvere, fogli di giornale, rastrello per cavare le foglie: dopo vari tentativi lo Scopacampo deve cedere, il torneo viene spostato, i giocatori contestano lo spostamento (il 96% scarso di loro aveva già preso altri impegni) e nel frattempo ricomincia a piovere, perché evidentemente è giusto così. Con la buona volontà ci si pulisce solo il culo. Come sempre.

 

 

2) I ‘MODERATORI’

moderatori

Un altro aspetto che può mandare gli organizzatori in preda al panico è la gestione arbitrale delle partite all’interno del torneo. Considerate che ci sono sempre almeno un paio di squadre con più anni nelle gambe che capelli in testa, che se la buttano sui gomiti alti dentro e fuori dal bar potrebbero avere la meglio anche su Shane McGowan e Shawn Kemp. Le opzioni sono 3: o si chiamano degli ufficiali veri e propri, ma questo gesto sarebbe visto come inconsulto e andrebbe contro lo spirito del playground, senza contare che le probabilità di incrociare un arbitro che in campionato ti aveva dato un tecnico sei mesi prima sono elevatissime (e può portare a delle spiacevoli conseguenze). In alternativa, c’è l’auto-arbitraggio. Tutto sembra andare bene, però non ti è chiaro subito perché, proprio quella squadra di Over45 che non riesce a prendere il ferro neanche a piangere e che nella fase a gironi ha mandato involontariamente un paio di ragazzi a parlare con il 118, sia arrivata fino alla semifinale. Ecco, allora, il colpo di genio: gli organizzatori assoldano alcuni conoscenti per aiutarli nel regolare svolgimento dell’evento, promettendo loro ricchi premi come pacche sulle spalle, amicizia eterna, “grazie mille”. Si chiamano Moderatori, perché stanno lì, fissi, sotto il canestro a controllare che tutto vada per il verso giusto, segnando punti e tempo e prendendo le decisioni nel caso ci sia qualche dubbio: può capitare che uno subisca la combo spinta+calcio a rimbalzo, notoriamente un colpo di classe da basso UISP, o da prima divisione. Sono lì apposta: se l’avversario contesta, loro stabiliscono chi ha ragione. E lo fanno dalla prima all’ultima partita del torneo, perché adorano la pallacanestro e preferiscono prendere frecciatine e insulti piuttosto che fare tutto quello che si potrebbe fare una sera d’Estate, compreso uscire per andare a figa. Numeri Uno.

 

 

3) ‘QUELLI DEL BAR’

bar

Partiamo dal presupposto che il torneo estivo deve avere per forza un bar. Anzi. Il giocatore-tipo del torneo estivo viene, o dovrebbe venire a giocare quel torneo estivo solamente perché c’è il bar, e quando il torneo estivo si svolge in concomitanza con un altro torneo estivo il giocatore preferisce l’uno all’altro basandosi su quello che propone la zona bar. Punto. Quest’estate ho fatto dei 3 vs 3 dove la prima fase iniziava alle 11 di mattina e terminava alle 6 del pomeriggio, chi non riusciva ad accedere alla seconda – noi, ad esempio – avrebbe giocato 3 partite da 10′ su sette ore. La gestione dei tempi morti è fondamentale: per ammazzarli, anche qui, si fa quel che si può. C’è quello che vuol far vedere di essere inserito nel contesto e comincia a scambiare due parole con tutti, anche se poi nessuno di questi lo conosce veramente e dopo il classico “Ciao, come stai?” “Ho perso” viene mandato a quel paese, senza rancore. C’è chi si porta dietro la ragazza: tattica sconsigliata come la luna di miele in Corea del Nord, a meno che lei non sia una super appassionata di pallacanestro ma, nel caso, ti comincerà a fare delle domande sul n.15 tatuato con la canotta blu. La soluzione è il bar. Riuscire a trovare un posto dove sedersi, parlare fra i compagni di squadra, dove ci sia una buona scelta sul mangiare (oltre ai soliti, mitici, panini da muratore) e le Moretti non costino più di 2€, è un incentivo clamoroso. Ecco perché quasi tutti tornano dal campetto ingrassati, i veri Bomber vanno in doppia-doppia di punti e birre e devono supplicare un compagno di squadra perché abbia voglia di prendere in mano le chiavi della loro macchina. Noi ringraziamo chi permette tutto questo. Loro col basket non c’entrano niente, ma sono quelli che ce lo fanno godere per davvero. Quelli del bar.

 

 

4) LA RAGAZZA DEL GIOCATORE

ragazza

Portarsi la donna dietro per guardarti spaccare dei ferri a ripetizione, dicevamo, non è da considerare necessariamente una grande idea. Va accettata solamente nel caso in cui sia quella l’unica sera della settimana dove ci si riesce a vedere, dopo il classico accenno di litigata della durata di 5′ scarsi dove barcolli fra la scomunica, minaccia di pianti osceni e il divorzio, la fai venire al torneo.

Verso le 19 esci di casa con la pressione addosso di chi sa che non sa giocare, ma che deve avere qualcosa da dimostrare e da far vedere. E’ un po’ come l’ultimo compito in classe di matematica a fine Maggio, quando per il 4° anno consecutivo rischiavi il debito e alla prima disequazione “sì, sono stato proprio un idiota a fare lo scientifico”. Lei è puntualissima, arrivate nella stupenda location del campetto e la parcheggi sulla prima sedia, perché devi giocare subito e i tuoi compagni ti stavano aspettando da mezz’ora. Lei, che ti ama veramente (altrimenti non sarebbe lì) ha sempre Cosmopolitan nella borsa pronto per l’uso, ma aveva già chiamato la sua migliore amica con la quale fare due chiacchiere durante le partite. Fra un gossip e l’altro, un’occhiata alla prestazione del fidanzato (chiuderà con un complessivo 3/14 dal campo) e una mezza naturale al bar, i presenti non possono non accorgersi di quelle due, anche perché sono le sole rappresentanti del sesso opposto nel raggio di 2,5 km. Il veterano si avvicina con la battutina, loro stanno al gioco: il raddoppio del bomber è sistematico e il fidanzato è più preoccupato del 2 vs 2 che si sta svolgendo fuori dal campo che del 3 vs 3 in campo dove, per la verità, sta subendo un’umiliazione mai vista. Nel giro di un’oretta scarsa le due ragazze hanno già fatto amicizia con mezzo playground, si sono fatte offrire qualsiasi cosa dagli organizzatori (a patto che tornino anche per le serate successive) e hanno tirato giù 4-5 numeri di telefono da gente poco raccomandabile. Verso mezzanotte si sbaracca tutto, lui e lei tornano a incrociare gli sguardi. “Amore, torniamo qui anche domani?” “Ma stasera le abbiamo perse tutte, siamo stati eliminati” “Vabbé, vengo con la Sere. Tu non ti preoccupare!” Ah, okay.

 

 

5) GLI SPONSOR

sponsor

La figura ‘invisibile’ del torneo estivo per eccellenza. Sì, perché ti accorgi solamente (e forse) quando devi mettere la maglietta sudata in lavatrice della quantità di roba, più o meno inutile, che c’è scritto sul retro: “Gelateria Gianni” “Assicurazioni F.lli Rossi” “Forno Baldazzi” “Nautica Schettino”. Ma gli sponsor sono essenziali: sono il salvavita, l’ago della bilancia dei presidenti che prima dell’inizio del campionato pendono fra iscrizione, autoretrocessione e fallimento. E tutto ciò porta la squadra a beneficiare di ottime convenzioni, ad esempio si va sempre a mangiare nello stesso posto alla fine di ogni partita in casa perché, se dimostri di essere tesserato per il Porcatroia Basket, pizza + birra + dolce te li fanno pagare 14,50€ anziché 15.

Ho sempre pensato che gli sponsor siano l’indicatore della grandezza di un torneo estivo. Più ce ne sono, più la baracca messa in piedi da chi organizza diventa interessante per il pubblico medio. Lo spettacolo offerto non è sempre degno di questo nome, intendiamoci, perché il livello di un 3 vs 3, 4 vs 4 o 5 vs 5 a tutto campo dipende solo dalla bravura di chi si allaccia le scarpe. Ma è grazie agli sponsor che l’evento riesce ad avere una buona pubblicità, stabilità nel corso degli anni, sino all’istituzione dei premi finali: solitamente, un buono sconto del 10% per un paio di Jordan da almeno 250€ per i terzi classificati, un prosciutto con l’osso della macelleria del paese da dividere per i secondi e una cena pagata per i primi al miglior ristorante cinese del quartiere. In un secondo momento realizzerai che i 20€ della quota di iscrizione potrebbero aver fruttato una leggera plusvalenza agli organizzatori. Chissenefrega. Metti maglietta e sponsor in lavatrice, e pensi già all’anno prossimo. Felice.

 

(foto di Gianluca Belvederi)

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About Author

Carlo Pedrielli

Bologna, cestista delle "minors", tifoso da Beck's, cantastorie per sé e istruttore minibasket. Per questo sport darei tutto, tranne il culo.

4 comments

  1. Ho le allucinazioni o nelle foto ci sono il Meloncello e il Romainville (dove mi sono consumato le cartilagini 25 anni fa, peraltro vincendo un argento a un 3 vs. 3 nel millenovecentonovantaequalcosa ?)

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