1) ALZARE UNA COPPA

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“Vincere” è un concetto che stona molto, in qualunque frase, per qualsiasi cestista dalla C regionale in giù: “alzare la coppa” è molto meglio, anche perché il primo premio spesso e volentieri te lo ritrovi direttamente dalla tua macelleria. Per darne un morso sei disposto a tutto, soprattutto se vieni da una stagione fallimentare di Promozione con un record-tipo di 3-27, borse consegnate a Gennaio, schiaffi in faccia. Ed è così, in una piovosa giornata di Maggio, che ti rendi conto che il torneo 3vs3 della Parrocchia di S. Riccardino Fuffolo Apostolo della Ferrovia potrebbe magicamente essere la tua unica ragione di vita per il mese a venire.

Ti presenti con umiltà il giorno del debutto: per trionfare hai chiamato il tuo amico che gioca in DNB, il top scorer dell’ultima serie D e il cugino della morosa, che non capisce una mazza di basket ma è 1.95 per 135 KG di lardo di colonnata, bicipiti e gomiti appuntiti e ascella pezzata da bagno in spiaggia alle 5 del mattino, per cui, appena gli spieghi come stare in mezzo all’area e di alzare le braccia, la chiesa rischia di essere risucchiata da un gigantesco fungo atomico. Non c’è mai partita, gli avversari vengono sistematicamente spazzati via, fino al giorno della finale. Qui l’epilogo non ha mezze misure: il buon senso ti porterebbe a far giocare gli altri per coronare il tuo sogno, ma la squadra è tua, tu l’hai messa in piedi, tu la devi far “vincere”, appunto. E quando l’ultimo tiro del match si spegne sul ferro, all’interno di una timida partita da 1/9, capisci che l’affettato, come la vittoria, è solo un miraggio triste. Ne è valsa la pena, poveretto. Credetegli

 

 

2) DIMAGRIRE

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Nel giro degli ultimi 6 mesi la tua vita ha subìto un calando pazzesco. Hai barattato i limoni con i gin lemon in discoteca, compagni e avversari ti chiamano “la foca monaca”, in compenso sei riuscito nella mirabile impresa di aver speso 76 euro e mezzo all’ultima cena di squadra al McDonald’s. Non ti difende più nemmeno lo specchio dentro l’armadio, per il quale è diventato impossibile disegnare i tuoi fianchi: non conosci negozi di taglie forti in paese, e la prova costume fallisce nel momento esatto della disperata ricerca dello stesso. Devi dimagrire. Per forza.

Finita la stagione, le tenti tutte. Dieta a zona 2-3, lavoro cardio, addominali+lombari+piegamenti (non servono!), aghi cinesi, liposuzione. Termina la primavera e capisci che un paio di settimane non saranno sufficienti per rimediare a una situazione fallimentare, la tua passione per il basket ti spinge a provare con i tornei estivi. 3vs3, 4vs4, con una particolare predilezione per i 5vs5 a tutto campo perché sono quelli che ti fanno sudare veramente, sfociando nel ridicolo quando i presenti si accorgono che sei l’unico che nei primi 3 quarti difende sul serio, mentre gli altri interpretano l’evento come se fosse una partita genitori vs bimbi del minibasket. “Franz, vieni a mangiare una pizza dal Capitano?” “No grazie Miki, stasera ho l’insalatina”. Arrivato a casa ti spogli, sei a pezzi, fradicio. Ti senti pulito, come se non dovessi rimproverarti niente. Ed è a quel punto, prima di fare la doccia, che ti specchi quei 5-10 secondi giusto per prendere la consapevolezza che solo tua madre e la bilancia possono confermare. Mai una gioia, ma per davvero.

 

 

3) RITROVARE VECCHI AMICI

amici

Ci sono un paio di leggi non scritte che riguardano e promuovono gli habitué del campetto. La prima: dopo un inverno lungo e faticoso, nonostante il fatto che per trovare una palestra dove allenarsi tu abbia sfidato neve, nebbia e altre intemperie naturali per otto mesi tu sai perfettamente che, da Maggio a Settembre, quelli con cui ti diverti da anni a far piangere i ferri sono sempre lì. Saluti tutti, scende la lacrima di commozione, sfottò o complimenti per l’annata cestistica, baci e abbracci. Non mancano le figure di spicco: il filippino incapace ma super simpatico, il veterano con la bestemmia articolata a ogni possesso, il tredicenne che in mezzo a questa pozzanghera cestistica sembra il Mike Bibby del 2002.

La seconda: in gran parte dei casi c’è una baracca, il chiosco, il baretto che funge da punto di ritrovo. Qui si ritrovano i ragazzi più o meno giovani del playground, che chiudono un pomeriggio perfetto con un gelato stracciatella-frutti di bosco. Il torneo diventa un riempitivo: non ne avresti neanche troppa voglia, però “lo fanno tutti”, “se non stai con me sei un cane” “voglio vedere se hai finalmente imparato qualcosa dall’anno scorso”. L’ultima frase è decisiva, il risultato finale è superfluo. L’importante è che qualcuno abbia fatto la spesa alcolica o che ci sia il chiosco aperto, due sedie pronte e che le Moretti da 66 non costino più di 2,50€. La serata finisce con discorsi filosofici: “Per me la 4Torri Ferrara se la giocava per fare i play-off a est” “Ho delle mani da A-Silver e un fisico da basso UISP”, “se non le vomitavo addosso venerdì sera al Numa, per me lei ci stava anche”. Ci vediamo domani, raga. Sperando che al semaforo dell’angolo non ci sia la polizia.

 

 

4) STRAPPARE UN CONTRATTO

contratto

I tornei estivi sono il territorio di caccia degli allenatori Minors. La situazione classica è la seguente: il Presidente non sa da dove ripartire per l’anno prossimo dopo aver trascorso una stagione deludente come un pool party sotto la pioggia, e lascia al suo Coach carta bianca con la pretesa che questo capisca davvero qualcosa di pallacanestro. Dal canto suo il Coach, che dopo quest’investitura ha l’autostima a mille e le stesse emozioni di quando è uscito mano a mano dal cinema con la compagna di classe della terza media, comincia a setacciare man mano tutti i tornei della zona. Lo vedi lì, in piedi, da solo o accompagnato da qualche dirigente a caso. Non ne perde uno.

Dall’altra parte, mentre tanti cestisti Minors sono lì solo per far fuori quei 2 grammi (vedi pt.2) che riacquisteranno senza dignità né coscienza nel post-partita (vedi pt.3), sul campo c’è sempre qualcuno che si danna l’anima, seriamente. Sono i ventenni fuori-sede nelle grandi città, che nessuno conosce e che provano a farsi apprezzare e notare per le loro presunte doti tecniche. Sono quelli che hanno fatto un’annata ridicola sotto le aspettative, che sentono di aver qualcosa (ma che cosa, poi?) da farsi perdonare. Sono i 35enni che sparano le loro ultime cartucce, perché 5-10 minuti a spanzare in area in una squadra di Prima Divisione se la meriterebbero ancora. “Stiamo cercando gente per fare la squadra” è la frase-tipo, dopo le doverose presentazioni.

Spesso finisce così: il Pres si ricorda di essere il Pres e a metà Luglio ha già fatto tutto, il Coach porta alla causa un paio di ragazzi che al campetto sembravano gli Splash Brothers ma che in serie D sanno a malapena fare una ruota, da Dicembre in poi è un lento calvario che ti riporta, l’estate successiva, a ricostruire. Devo averla già letta però, ricontrollo.

 

 

5) ALLA RICERCA DELL’IMMORTALITA’

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L’ignoranza dei tornei estivi è proverbiale, perché è ignorante chi li organizza e chi ci partecipa. Starsene in disparte è impossibile, fare gruppo fra i ballers è la condizione base per passare del tempo libero ottimamente. C’è chi non aspetta altro per tutto l’anno, perché è proprio lì, a casa sua, che il vero uomo del campetto ritrova la pace dei sensi e si sente in dovere di dare il meglio di sé. Estremizzando, esagerando. Per farsi vedere.

I casi, in questo senso, sono molteplici. C’è chi arriva con il nuovo paio di Jordan MMXV d.C costate 460€, rosso Shohoku e con la targhetta ‘Tunes Squad‘ di Space Jam sul retro. C’è chi sta uscendo con una nuova ragazza, “l’ho conosciuta Domenica”, “non è successo niente” però, giusto per mettere le cose in chiaro, lei dev’essere a conoscenza di quello che potrebbe succedere se la storia andasse avanti, e lui ha la necessità di farsi bello con gli amici, visto che con un pallone in mano questo sarebbe perlomeno improbabile. Ci sono poi le squadre storiche, formate da un gruppo di amici che si frequentano da una vita con un palmares clamoroso all’attivo: 27 tornei diversi vinti in 5 anni in 6 province diverse nel raggio di 120 km. Su di loro girano leggendarie voci metropolitane: 300 sacchi di aperitivo al bar dello stadio prima di una finale, privé dove si sono svolti dei 4vs4 fino alle 10 del mattino, schiacciata del più basso in campo aperto su un torneo a metà campo. Ognuno prova a farsi ricordare, per come riesce. E loro, li salutano tutti. Li salutano sempre. Non hai voglia di batterli?

Trovateci qualcosa di più salutare, aggregativo, economico, potenzialmente memorabile, di un torneo estivo. Allacciatevi le scarpe, su certi campetti portatevi anche quelle da corsa. Vi conviene.

 

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About Author

Carlo Pedrielli

Bologna, cestista delle "minors", tifoso da Beck's, cantastorie per sé e istruttore minibasket. Per questo sport darei tutto, tranne il culo.

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