illustrazione grafica di Paolo Mainini
articolo di Roberto Gennari

 

You could play the tuba

And everyone would clap

Well I can play the tuba

And they all just shake their heads

‘Cause you’re the Fonz

(“The Fonz” – Smash Mouth)

 

 

Prologo. Nei cuori degli appassionati di basket.

Oggi sono 50 anni da quando è nato Alphonso Ford, a cui l’Eurolega ha intitolato il premio per il miglior realizzatore. La sua maglia numero 10 è stata ritirata dalla Scavolini Pesaro ormai più di dieci anni fa. Ironia della sorte, proprio un giocatore di Pesaro, Charles Smith, è stato il primo giocatore ad aggiudicarsi il trofeo. “Fonzie” se n’è andato da questo mondo da tanto tempo, ormai, o forse – come succede spesso in questi casi – non se n’è mai andato del tutto, il male che lo ha portato via dai suoi cari, dai suoi tifosi, dalla sua amata pallacanestro, non è stato abbastanza forte, se ancora oggi ce lo ricordiamo così bene.

 

3 settembre 2004, Memphis.

Suona la sirena finale. La partita che non si può vincere è finita, Alphonso Ford ha lasciato sul parquet ogni goccia di sudore, tifosi e avversari lo accompagnano, tutti in piedi uniti in un applauso misto di ammirazione e commozione, negli spogliatoi. È così che lasciano il parquet i più grandi di sempre.

 

26 agosto 2004, Pesaro.

“Cari amici, sono nella sfortunata posizione di dover annunciare che non sarò in grado di disputare la stagione 2004-2005 con la Scavolini. Purtroppo le mie condizioni di salute non mi consentono più, a questo punto, di competere come un atleta professionista. In questo momento sono veramente grato a tutti voi e a tutti gli allenatori, compagni di squadra, tifosi, arbitri e dirigenti che, nel corso di tutti questi anni, mi hanno dato l’opportunità di competere nello sport che ho amato di più. Per quanto riguarda il mio club, la Scavolini Pesaro voglio di cuore ringraziare ogni persona dell’organizzazione, i miei compagni di squadra, i miei allenatori e i nostri grandi tifosi. Voglio che ognuno di voi continui ad avere fede. Siate forti e combattete duro. Il mio cuore sarà sempre con tutti voi. con Rispetto.”

 

29 maggio 2004, Siena

La sua Scavolini Pesaro è sotto 2-0 nella serie contro la Mens Sana Siena, Fonzie non è al 100% della forma da un paio di mesi, ormai. Ha saltato le prime due partite di playoff della serie contro Napoli, e nella decisiva gara-5 ha potuto giocare solo 8 minuti prima di infortunarsi, lasciando il campo con appena due punti sul tabellino. Non è sceso in campo neanche in gara-1 della semifinale contro la sua ex squadra, ma in gara-2 era sembrato pienamente recuperato. 27 punti in 31 minuti per lui, con 26 di valutazione, che ne avevano fatto il migliore in campo ma non erano bastati a pareggiare la serie. Gara-3 può essere decisiva, Alphonso lo sa. Ma il fisico non lo asseconda nella sua furia agonistica. Nei primi 3’30” di gioco è già a quota 5 punti, con i biancorossi avanti 11-8. Passano solo altri 3 minuti, si infortuna alla coscia, e – forse per la frustrazione – commette un fallo piuttosto duro sul senese Vanterpool. Dalla panchina vede i suoi – privi anche dell’altro USA Elliott – soccombere sotto i colpi di una Mens Sana contro cui tutta Pesaro non può nulla. Chiede di rientrare, zoppica vistosamente, segna altri 4 punti, ma all’intervallo di metà gara, coi biancoverdi avanti 58-41, resta negli spogliatoi e non rientra in panchina per gli ultimi due quarti. La sua ultima partita in maglia Scavolini si chiude con 9 punti e 4-5 dal campo in appena 12 minuti.

 

14 marzo 2004, Teramo

Al PalaScapriano, Pesaro va in cerca di punti importanti per mantenere la testa della classifica e di fronte ha la neopromossa Teramo Basket di coach Gramenzi, una squadra all’esordio assoluto nella massima serie, che chiuderà la stagione regolare col miglior attacco e la peggior difesa di tutta la A. Coach Gramenzi, che in settimana aveva dichiarato che secondo lui Ford era tutto sommato un giocatore sopravvalutato. Un palazzetto caldo che ha voglia di grande basket, un contesto in cui Alphonso si esalta, anche perché dall’altra parte c’è un altro suo “simile”, una macchina da canestro di nome Mario Boni, che a quarant’anni suonati viaggia ancora a 23 di media, dopo che per una vita, in maglia Montecatini Terme, ha devastato le retine di tutta Italia. Quella sera, però, nulla può fermare lo show del Puma: in campo resta solo 29 minuti perché a fine primo quarto è già gravato da 3 falli (tra cui un tecnico), 3 in meno di Boni (che chiuderà la partita in media, a quota 23), a referto scrive 15-22 dal campo, di cui 8-10 da 3, a cui aggiunge un 3-3 dalla lunetta. 41 punti, suo massimo in Italia. Giocando solo 3 quarti. A questo punto della stagione, a Pesaro sono già convinti di aver fatto un affarone, a prendere “Fonzie”.

 

3 giugno 2003, Siena

In una sfida tutta biancoverde, per gara 4 delle semifinali dei playoff scudetto si affrontano la Benetton Treviso di Ettore Messina e la Mens Sana guidata da coach Ataman. Treviso fin lì è stata un rullo compressore, con 30 vittorie su 34 partite disputate in stagione regolare, a cui ha aggiunto la Coppa Italia vinta a febbraio, ma ai quarti di finale dei playoff se l’è vista brutta contro la Viola Reggio Calabria, capace di andare avanti 2-0 nella serie. I confronti diretti tra le due squadre sono stati a senso unico, prima della serie di play-off: Treviso ha vinto entrambe le sfide di campionato – poi c’era quella faccenda dell’Eurolega, ne parliamo dopo. Siena ha faticato meno nei quarti, eliminando con un secco 3-0 la sorpresa Varese, e dopo aver perso le prime due partite sul filo di lana (nella prima è proprio Ford ad avere in mano il tiro da 3 per la vittoria, che però non entra) in gara-3 è finalmente riuscita ad aver ragione di quella che stava diventando la sua bestia nera, grazie ai 24 punti di Ford e alla doppia doppia di Turkcan. I toscani hanno tutta l’intenzione di conservare il fattore campo in gara-4 per portare la serie alla “bella” al PalaVerde. Stavolta però Turkcan ha le polveri bagnate, e a referto mette appena 3 punti, a cui Alphonso ne aggiunge 18 con 7-12 dal campo ma 6 palle perse. Langdon è in una di quelle serate in cui vede il canestro come una vasca da bagno, e in una partita che finisce 73-66 per Treviso lui ne mette a referto 28. Siena esce tra i fischi, Ford è ai saluti: sul banco degli imputati, sia lui che Turkcan c’erano già.

 

9 maggio 2003, Barcellona

La Mens Sana, secondo alcuni, non avrebbe neppure dovuto esserci, a disputare queste Final Four di Eurolega. Non tanto per il roster, ovviamente, quanto per la fatica fatta nella regular season: la Mens Sana, infatti, è arrivata alle Top 16 solo come migliore sesta classificata dei tre gironi da otto squadre – cioè col sedicesimo posto su sedici disponibili. Nel suo girone a 4, poi, erano finite due delle migliori di quella stagione: il Panathinaikos (11-3) e l’Ulker Istanbul (10-4). Poi però succede che Turkcan ha un mese magico, che Ford fa quello che fa di solito, cioè canestro, i biancoverdi vincono quattro partite di fila nel girone di Top 16 e staccano il biglietto per la Catalogna. La partita di semifinale è un derby italiano, e come spesso accade in queste gare dove la posta in palio è alta, le mani tremano e la tensione è palpabile. Ford non ingrana in attacco, Treviso dilaga a inizio partita e scappa sul 34-16, ma Siena lentamente rimonta, con il suo numero 10 capace di giocare una gara maiuscola in difesa, dove riuscirà a tenere al di sotto della doppia cifra due bruttissimi clienti come Edney e Langdon. La Mens Sana si trova così avanti 57-52 a cinque minuti dalla fine. Treviso però ricuce, e nel finale è una tripla di Bulleri, che forse ha la punta del piede sulla riga e forse no, a riportare avanti la Benetton sul 63-62. Nel possesso successivo, a 18 secondi dalla fine, Ford scarica sotto canestro per 2 punti facili di Kakiouzis, che però al momento della ricezione del passaggio ha un piede fuori dal campo. Sulla rimessa, Ford sfiora il recupero su Nicola, Bulleri fa 2-2 dalla lunetta e Treviso batte Siena per la terza volta su tre confronti stagionali. Alphonso chiude con 15 punti ma un misero 4-16 dal campo, che lo etichetta come una delle cause della sconfitta, insieme ad un abulico Mirsad Turkcan, 0 punti con 0-4 dal campo in 29 minuti. Paradossale, per certi versi, se si considera che anche quest’anno è il giocatore che ha segnato più punti in Eurolega.

 

21 settembre 2002, Pesaro

Alphonso arriva dall’Olympiakos per vestire la maglia dell’ambiziosa Mens Sana Siena, una squadra con una discreta tradizione ma che fino a quel momento non si è mai qualificata ad una semifinale play-off nella massima serie. L’arrivo del nuovo sponsor, però, la rende una piazza decisamente emergente, e ne è prova la qualificazione ottenuta per l’Eurolega 2002-2003, che permette a coach Ataman di poter disporre di due pezzi da novanta come Ford e Turkcan, da affiancare ad un roster già competitivo come dimostra la vittoria in Saporta Cup l’anno prima. Il suo debutto nella massima serie italiana avviene in terra marchigiana, “Fonzie” gioca 26 minuti senza strafare e senza praticamente mai forzare, chiude con 13 punti, 3 rimbalzi, 2 assist e 5-9 dal campo. Andrà in doppia cifra in 37 delle 41 partite disputate in maglia Mens Sana.

 

7 aprile 2002, Pireo

Allo Stadio dell’Amicizia e della Pace Alphonso è già una stella conclamata del basket greco. Si sta confermando capocannoniere dell’Eurolega per la seconda stagione consecutiva, è stato MVP del campionato l’anno precedente, ma a parte i riconoscimenti individuali – a quelli è abituato ormai da anni – gli manca un successo di squadra, e la finale di Coppa di Grecia è l’occasione giusta, dopo che la squadra di coach Subotic ha fatto fuori il Panathinaikos in semifinale. Di fronte c’è il Maroussi di un giovane Vassilis Spanoulis, ma i biancorossi sono i favoriti per la vittoria. La spunteranno per 74-66, grazie soprattutto ai 24 punti del “solito” Ford, che solleva la coppa e il trofeo di MVP della manifestazione. Non riuscirà nell’impresa di vincere l’accoppiata Coppa-Scudetto, perché l’AEK in modo abbastanza rocambolesco gli metterà i bastoni tra le ruote nella finale al meglio delle 5 partite. Con l’Olympiakos avanti 2-0, infatti, i gialloneri (che vantano tra le proprie fila talenti del calibro di Holden, Nikos Zizis, Arijan Komazec e Chris Carr) ribaltano la serie aggiudicandosi il sesto titolo della propria storia, unico negli ultimi 29 anni a non essere andato ad una tra Olympiakos e Panathinaikos. Quella Coppa di Grecia rimarrà l’unico trofeo conquistato da Ford in tutta la sua carriera.

 

19 ottobre 2000, Madrid

È il primo turno dell’Eurolega 2000-2001.L’Estudiantes di coach Pepu Hernandez ospita il Peristeri, capace l’anno prima di chiudere la regular season del campionato greco a pari punti con il Panathinaikos di Dejan Bodiroga, Zele Rebraca, Nando Gentile e coach Obradovic. Merito soprattutto della sua guardia numero 10, Alphonso Ford, che l’Europa l’aveva scoperta proprio cinque anni prima in Spagna, al Penas Huesca, che aveva trascinato ad una salvezza insperata a suon di trentelli, arrivata dopo una serie di play-out vinta col fattore campo avverso contro Andorra. Fonzie arriva alla sua prima partita in Eurolega da MVP del campionato greco, a pochi giorni dal suo ventinovesimo compleanno, e senza il minimo timore reverenziale. Ha lasciato gli Stati Uniti da cinque anni ormai, sa che il treno per la NBA difficilmente ripasserà, ma non è una buona ragione per mollare, tutt’altro. Anzi, ha una voglia matta di dimostrare al mondo intero quanto si siano sbagliati. Nella sua prima partita nella massima competizione europea, scrive 35 punti con 7-11 da 2 e 5-9 da tre, vittoria esterna del Peristeri, che vendica l’eliminazione dalla Coppa Korac dell’anno precedente proprio per mano dell’Estudiantes. Il Peristeri si ferma alle Top 16, abbastanza da garantire a “Fonzie” un posto nel primo quintetto All-Euroleague.

 

Estate 1997, Atene.

Lasciata alle spalle l’America, dopo la sua prima stagione europea a Huesca, con la salvezza ottenuta ai play-out e la successiva radiazione della squadra dalla massima serie spagnola per problemi economici, Ford si sposta in Grecia, al Papagou, che chiude il campionato al settimo posto ed esce al primo turno dei play-off. Alphonso si porta a casa il titolo di miglior realizzatore della serie A1 greca, dimostrando di non avere perso l’abitudine maturata sia in NCAA che in CBA. Le visite mediche prestagionali, però, restituiscono un responso che è un dramma autentico: al giocatore viene diagnosticata la malattia che sette anni più tardi lo porterà via. Il club rescinde il contratto, lui impiega l’intera stagione 1997-98 a curarsi, per poi decidere di tornare a giocare, vada come vada. La costruzione del suo mito come giocatore, oggi lo sappiamo, inizia dopo la diagnosi della malattia, che lo costringe a rimettere tutto in prospettiva in modo diverso.

 

29 Marzo 1995, Philadelphia.

Dopo aver trascorso tutta la stagione in CBA, ed essere stato convocato per l’All-Star game, a fine marzo i Philadelphia 76ers gli offrono un contratto da 10 giorni. A 23 anni, “Fonzie” sente una vocina che gli dice “ora o mai più”. I Sixers sono a 18 vinte e 50 perse, ci sta che gli offrano minuti veri. E infatti è così. 25 alla prima partita (più di quanti ne aveva giocati nell’annata precedente in totale), 17 alla seconda (entrambe vinte), addirittura 38 alla terza contro i Bulls. In queste tre gare mette insieme oltre 5 rimbalzi e 3 assist a gara, ma è la specialità della casa a venir meno, forse per la tensione di trovarsi dove temeva non sarebbe mai più tornato. Mancano i punti, appena 16 in tre partite, mancano i canestri (8-29 dal campo). Philadelphia lo fa scendere sul parquet altre due volte, e se possibile va ancora peggio: 1-10 dal campo, 3 punti totali in due partite, la scritta CAPOLINEA che diventa sempre più grande e nitida davanti ai suoi occhi. Un ragazzo abituato ad abusare degli avversari, che non è affatto pronto per questo livello, dice addio al suo sogno di bambino, giocare nella NBA, dopo appena 11 presenze e 114 minuti totali.

 

22 marzo 1994, Seattle.

Alphonso, che il 3 novembre era stato tagliato dai Sixers e si era accasato in CBA, dove ha chiuso nel primo quintetto all-CBA e ha vinto il premio di rookie dell’anno chiudendo a quasi 23 punti di media, ha finalmente la sua chance. I Seattle Sonics gli offrono un contratto di 10 giorni. Non è molto, ma è un inizio. E infatti, il 22 marzo Ford indossa la sua maglia numero 3 di Seattle e si accomoda in panchina. Ci resterà per 47 minuti, prima che gli venga concesso di entrare nel finale, a partita già ampiamente decisa. Ma lui ne approfitterà come meglio non avrebbe potuto fare: ok, è garbage time, ma nel poco tempo concessogli, i San Antonio Spurs si beccano 4 punti (con 2-3 dal campo) e 1 recupero. Complessivamente, nella sua campagna da rookie, scenderà in campo per 6 volte, per 16 minuti totali, segnando un punto al minuto. Questa cosa gli varrà un contratto non garantito coi Clippers, che però lo taglieranno a ottobre.

 

30 giugno 1993, Detroit

Il gran giorno del draft NBA, Alphonso sa di avere un punto a favore e due a sfavore, nella sua strada verso la Lega col logo di Jerry West. Quello a favore in realtà non è un solo punto, ma sono 3.165 punti. Cioè quelli che ha segnato nei suoi quattro anni da giocatore di basket collegiale – meglio di lui, all’epoca, solo “Pistol” Pete Maravich, Freeman Williams e Lionel Simmons, quest’ultimo però con una media punti decisamente più bassa della sua. Il primo di quelli a sfavore, invece, riguarda il college di provenienza: i Delta Devils di Mississippi Valley State, infatti, non hanno mai passato il primo turno di un torneo NCAA e all’epoca non erano mai stati selezionati per l’NIT. Non un ateneo che desse garanzie di formazione di alto livello, insomma. Il secondo, poi, è quello più duro da superare, soprattutto per gli standard dell’epoca. Nonostante abbia già un discreto tiro da fuori, e un primo passo spettacolare dal palleggio, “Fonzie” è considerato un ibrido nel ruolo di guardia: troppo basso per giocare da 2 senza soffrire in difesa, troppo attaccante per giocare da 1. Così, tutte le 27 chiamate del primo giro se ne vanno senza che Ford senta pronunciare il suo nome, che salta poi fuori alla quinta del secondo giro, dai Philadelphia 76ers, peraltro già pieni di guardie nel roster. Cinque chiamate dopo di lui, i Lakers scelgono Nick Van Exel. Più avanti nel secondo giro, vengono selezionati anche il povero Conrad McRae, Bryon Russell e Marcelo Nicola. Bruce Bowen è il più famoso degli undrafted di quell’anno. Alphonso Ford però non molla, ci vuole provare, vuole diventare un professionista nella NBA.

 

19 marzo 1992, Cincinnati.

Dopo aver segnato caterve di punti sia a livello liceale che universitario, alla sua terza stagione in NCAA Alphonso Ford ha la prima occasione della sua vita di venire notato a livello nazionale. Mississippi Valley State si qualifica per la seconda volta nella sua storia al torneo NCAA, e giocherà la partita di primo turno contro gli Ohio State Buckeyes di Jim Jackson e Lawrence Funderburke. Certo, è una sfida tra testa di serie numero 1 e numero 16, quindi non è pronosticabile che ci saranno altre partite per Ford per mettersi in mostra, quindi deve giocarsela bene. Jim Jackson è già uno dei giocatori liceali più quotati del Paese, sarà primo quintetto all-American, verrà chiamato al draft con la quarta scelta assoluta, dietro a due future leggende NBA e un mito del basket universitario, mentre lui, “Fonzie”, non era nemmeno riuscito a venire nominato “Mr. Basketball” del Mississippi, finendo dietro a James Robinson e perdendo così la possibilità di venire chiamato da atenei più prestigiosi. Ohio State, prevedibilmente, vince la partita senza troppi patemi d’animo, ma Jackson disputa una delle sue peggiori partite quell’anno, chiudendo con 3-13 dal campo e 6 palle perse, per 13 punti totali. Dall’altra parte, Ford è l’unico dei suoi a chiudere in doppia cifra con 16 punti segnati, ma con brutte percentuali dal campo (7-21 totale per lui). Chi l’avrebbe mai detto che pochi anni dopo sarebbe diventato una macchina di canestri a un livello ben più alto di quel primo turno di torneo NCAA?

foto Mitchell Layton/Getty Images

 

Epilogo. Sempre nei cuori degli appassionati di basket.

Abbiamo ripercorso la storia di Alphonso “Fonzie” Ford a ritroso, per raccontare un giocatore diventato mito quando nessuno sembrava voler più credere in lui, ostinato nel voler lasciare una traccia nel mondo della pallacanestro proprio quando sapeva che i giorni a sua disposizione sarebbero stati limitati, di certo meno di quelli che avrebbe meritato. Tutti lo descrivono come una persona seria, educata, rispettosa. Alla Scavolini, nell’estate del 2004, non voleva rifirmare, perché sapeva che le cose, per lui, stavano per precipitare. In molti, all’epoca, interpretarono questa sua riluttanza come una volontà di valutare altre offerte, tanto lui era stato riservato nel tenere nascosta a tutti la sua malattia, compresi i suoi compagni di squadra, fino alla pubblicazione della lettera di addio che abbiamo riportato in apertura, senza commento, come era giusto che fosse. La storia di Alphonso Ford, che parla di un attaccante straordinario nell’uno contro uno e nei movimenti senza palla, preciso da oltre l’arco e in lunetta, capace di dispensare pallacanestro dal palleggio come in post basso, energico e agonista fino all’ultima goccia di sudore, è una serie infinita di titoli come miglior realizzatore, in NCAA, in Grecia, in Eurolega, è una storia che ci parla di pallacanestro ma che soprattutto ci aiuta a confrontarci con noi stessi, ci aiuta a ricordare che il tempo a nostra disposizione non è infinito, che dobbiamo impegnarci, restare concentrati sui nostri obiettivi, qualunque essi siano: solo così riusciremo a segnare fino all’ultimo giorno.

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