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articolo Marco Munno

 

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Giocare nella lega più importante del proprio sport.

A Los Angeles.

Da miglior giocatore della propria nazione.

Un quadretto del quale qualsiasi sportivo vorrebbe essere il soggetto principale.

Soprattutto se la lega in questione è la NBA, dall’impatto così marcato sul mercato mondiale. Soprattutto se, almeno in una metà cestistica della Città degli Angeli, nella gerarchia di squadra c’è un piccolo vuoto di potere e si dispone delle credenziali per poterlo colmare. Soprattutto se, da figli d’arte, si è nati con il pallone a spicchi di fianco alla culla e l’etichetta appiccicata del predestinato.

Tuttavia, alla partenza della stagione per Danilo Gallinari la situazione non era esattamente questa: osservandone la raffigurazione nei dettagli, dopo la scorsa annata dietro ai bagliori di facciata erano ben più notevoli le ombre.

 

 

Giocare

La storia degli acciacchi di Danilo presentava tanti capitoli, con un susseguirsi di sfortune fra infortuni e ricadute dopo le cure che gli sono costate svariate presenze lungo le varie stagioni.

L’infortunio più probante, la rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro, dopo avergli fatto saltare l’intera stagione 2013/2014, trascorso un periodo di conseguente ripresa sembrava superato. Aver giocato almeno 53 partite in ognuna delle tre stagioni successive, con il massimo di 63 nell’ultima, costituiva un discreto biglietto da visita con cui approcciarsi alla nuova avventura losangelina, probabilmente l’ultima di lunga durata nella carriera oltreoceano.

Foto Matteo Marchi

Invece, si è ritrovato ad essere in campo per sole 21 gare, iniziando male la stagione con l’infortunio al gluteo e chiudendo con il problema alla mano: alla soglia dei 30 anni, i segnali ricevuti sullo stato del proprio fisico non sono stati certo dei migliori.

 

 

Los Angeles

Negli ultimi 6 anni, lo storico rapporto di forza fra le due franchigie della città era stato completamente ribaltato. I Clippers, storicamente una delle peggiori società dell’intero sport statunitense, spinti dal trio di stelle Chris Paul-Blake Griffin-DeAndre Jordan hanno rappresentato una delle realtà più solide ad alto livello nella Western Conference, dove i pluridecorati Lakers hanno occupato i bassifondi non riuscendo nella ricostruzione dopo il titolo del 2010.

Foto Matteo Marchi

All’inizio della scorsa stagione però la fase di rebuilding è iniziata anche per gli stessi Clippers: la decisione di cambiare aria di Chris Paul ha aperto le porte all’arrivo di una lunga serie di giocatori scambiati con i Rockets, con Blake Griffin a metà stagione e DeAndre Jordan al termine a seguire il medesimo tragitto verso l’uscita dello Staples Center. L’aggiunta di Danilo a colmare lo storico gap della squadra nella posizione di ala quindi non era avvenuto in un’ottica di concessione di una nuova chance al gruppo storico, ma faceva da preludio al rinnovamento; con l’aggravio dei tanti infortuni, è arrivata la prima esclusione dalla postseason dal 2011 per il team. E questa estate i gialloviola avevano messo a segno il colpaccio per tentare con forza risalire nella gerarchia cittadina e dell’intera Lega, portando in città il migliore di tutti: LeBron James.

 

 

Nazionale

Il dubbio che il migliore per talento dell’attuale generazione di azzurri fosse Danilo trovò la sua risposta negli Europei del 2015, quando il gruppo si presentò al completo e l’iconico canestro al termine dei tempi regolamentari contro la Germania fece da timbro alla sua affermazione.

Da allora però ne è passata di acqua sotto i ponti; se nel frattempo gli altri leader azzurri hanno vissuto un progresso della loro situazione, con capitan Datome a vincere un’Eurolega e a perdere quella successiva solo in una finale dominata da Nik Melli, Marco Belinelli ad affermarsi quale veterano di spessore in NBA e Daniel Hackett ad approdare ad uno dei club di vertice in Europa come il CSKA, per Danilo il discorso è diverso.

Dopo lo spiacevole episodio nel match contro l’Olanda durante la preparazione degli Europei 2017, il suo rapporto con la pallacanestro azzurra vive uno stop.

Se ai nastri di partenza della stagione Datome, Hackett e Melli si preparano all’assalto del trofeo di Eurolega, mentre Belinelli viene scelto per raccogliere il testimone da Ginobili e Parker quale chioccia dei giovani Spurs, Danilo si presenta con la controversa polemica sulla partecipazione alla finestra di settembre di qualificazione per il Mondiale, prossimo obiettivo dell’Italbasket.

Insomma, per Gallinari i momenti da “Grande Capo dell’Italia” sembrano essere lontani.

Non è però il buio, ma sono le abbaglianti luci quelle rinomate ad Hollywood; il loro scintillìo, dalla prima palla a due della regular season, illumina le varie tappe del percorso in stagione di Danilo.

 

 

Giocare

Pronti, via e l’inizio sembra confermare la bontà del lavoro fatto in offseason dal ragazzo: 18.9 punti, 6.1 rimbalzi e un ottimo 47.3% da 3 punti nelle prime 19 gare giocate in stagione, in cui i Clippers sono protagonisti di un’ottima partenza da 13 vittorie (oltre a quella conquistata con Danilo assente, con un totale di 14 su 20 disputate) nei primi due mesi.

Senza una stella catalizzatrice di possessi il contesto di condivisione delle responsabilità offensive, dallo stile più simile a quello europeo, esalta le caratteristiche di Gallinari; Danilo si ritrova ad essere una delle principali opzioni dell’attacco della squadra, alternandosi con Tobias Harris e Lou Williams nella gestione del pallone.

In chiusura del 2018 il rendimento dei losangelini si normalizza rispetto al valore di base del roster, ma quello di Danilo resta costante: il 20 dicembre con 32 punti personali arriva contro i Mavericks la sua prima gara in cui tocca quota 30 con la divisa dei Clippers, esattamente un anno, 8 mesi e 11 giorni dopo l’ultima da almeno 30 segnati in maglia Nuggets.

8/10 da 2, 3/6 da 3, 7/7 ai liberi: efficienza altissima per il Gallo

 

Proprio durante gli anni in Colorado, a cavallo fra 2012 e 2013, le sue prestazioni ne portarono il nome a circolare anche nelle conversazioni relative ai partecipanti all’All Star Game; il successivo calo non lo vide più inserito nelle discussioni sui papabili convocati, nelle quali però è rientrato prepotentemente con l’approssimarsi della partita delle stelle di questa stagione. Al di là di una chiamata poi non arrivata, si è trattato dell’ulteriore conferma della bontà di una campagna personale che lo vede ritoccare diversi dei suoi massimi in carriera.

E’ difatti alla sua miglior stagione per punti realizzati (19.5) e per rimbalzi catturati (6) ad allacciata di scarpe.

Inoltre, il grande coinvolgimento nell’attacco della squadra, con percentuale di utilizzo del 23.4% e numero dei tentativi da 3 punti a partita di 5.5 (anche questi massimi in carriera), non ne hanno diminuito l’efficienza: le percentuali al tiro sono le migliori personali negli 11 anni spesi sui parquet americani, a testimonianza della capacitá di sapersi prendere un ruolo di primo piano anche in un team di buona caratura NBA.

Anche estendendo il discorso al confronto con l’intera Lega, Gallinari si pone a livelli di eccellenza: nella percentuale reale di tiro (ovvero quella che attribuisce un peso diverso ai canestri realizzati da 2 punti rispetto a quelli da 3), è nella top 15 stagionale assoluta, quattordicesimo sopra ad attaccanti di razza come Kevin Durant o James Harden. Ciliegina sulla torta è la sua quinta posizione assoluta per percentuale da 3 punti, con l’ottimo 43.8%, migliore fra gli altri di specialisti come Steph Curry, JJ Redick, Buddy Hield o Klay Thompson.

Fra step back, triple dall’arco e numeri da circo in penetrazione ha spazzato via i dubbi sul suo conto: una tale combinazione di lunghe leve, controllo del corpo, trattamento di palla e precisione al tiro gli permette di giocare sostanziali mismatches sia contro i lunghi che contro i piccoli, rendendolo non certo un esemplare facile da replicare.

Anche col solo tentativo di imitarne l’accento italiano non ci siamo

 

 

Los Angeles

Se nella prima metà di stagione Sparta sorride, Atene non è proprio così allegra; con i Clippers a rappresentare una sorpresa nella prima parte stagione, l’inizio dei Lakers è stato zoppicante e le due squadre si sono presentate alla trade deadline di inizio febbraio in situazioni di classifica simili, ma con una situazione ambientale opposta, dopo i presupposti di inizio stagione così diversi fra loro.

La differenza fra il comportamento delle due compagini sul mercato è stata ancora più marcata: se i Lakers non sono riusciti ad arrivare al grande obiettivo Anthony Davis restando sostanzialmente fermi, i Clippers hanno rivoluzionato la squadra con una lunga serie di cessioni di importanti componenti della rotazione, a partire da un Tobias Harris nel pieno della consacrazione.

Photo by Andrew D. Bernstein/NBAE via Getty Images

Quella che poteva sembrare la fine delle ambizioni dei Clippers per questa stagione, in realtà ne ha rappresentato un consolidamento; dopo un febbraio ondivago, con la ristrutturazione degli equilibri dopo il tourbillon di cambi, a marzo la banda del vulcanico proprietario Steve Ballmer ha inserito il turbo.
Con la dipartita di Harris, è aumentato il carico di responsabilità offensive a gravare su Danilo e la sua risposta è stata superlativa:

 

24 punti

6.6 rimbalzi

54.5% dal campo

50% da 3 punti

29.6 minuti

 

Un ulteriore salto di qualità, con il massimo stagionale ritoccato e portato a quota 34 contro i Thunder e con la striscia ancora aperta di 7 partite consecutive con almeno 20 punti segnati, la più lunga dell’intera carriera di Gallinari.

Nell’intero mese, i Clippers hanno raggranellato 8 vittorie a fronte di 1 sola sconfitta, corrispondente all’unica partita in cui Gallo è stato assente.

Fermarsi al contributo in attacco però è limitativo:, due delle giocate decisive in questo filotto sono state prodotte nella metà campo difensiva, contribuendo a superare due concorrenti dirette per i piazzamenti nella griglia dei playoffs della Western Conference.


La prima, il 01/03 contro i Sacramento Kings

 

La seconda, l’08/03 contro gli Oklahoma City Thunder

 

Grazie a questa sequenza di successi, per il gruppo guidato coach Doc Rivers è arrivata l’ottava stagione consecutiva sopra il 50% di vittorie (dal 1970, anno della fondazione, fino all’inizio di questa striscia nel 2011, le stagioni con record positivo erano state 7 complessivamente). Con ogni probabilità si realizzerà il ritorno ai playoffs per la franchigia, dopo la scorsa annata, e anche quello dello stesso Gallinari, la cui ultima apparizione in postseason avvenne nel 2012 (nel 2013, nonostante la qualificazione dei Nuggets, non scese in campo causa infortunio).

Nel frattempo, il contrasto nell’andamento per la controparte gialloviola ha raggiunto il suo massimo; la truppa di LeBron non è riuscita a trovare coesione, sprofondando e così mancando (a meno di miracoli) la qualificazione ai playoffs.

A fotografare la situazione è l’ultimo derby giocato, con i Clippers trionfanti per 113-105 a lanciarsi verso la postseason dando la spallata decisiva alle residue ambizioni dei cugini: il volto che rappresenterà la città losangelina quando si giocherá per la conquista dell’anello sarà quindi l’effige di Danilo, alla sua miglior pallacanestro della carriera.

I Clippers ormai hanno riconosciuto Danilo loro leader

 

 

Nazionale

Questo resta, ad ora, l’unico capitolo ancora da scrivere.

Per il calendario cinese, il 2017 fu l’anno del Gallo; tuttavia, l’accaduto durante la preparazione all’Europeo estivo nel suo caso ha raccontato qualcosa di diverso, lasciando un senso di sospensione all’intera esperienza in azzurro di Gallinari. Davanti si è presentata però una ghiotta possibilità di riscatto: dopo 13 anni dalla partecipazione all’ultima competizione intercontinentale, l’Italia è riuscita a qualificarsi per il Mondiale di questa estate. Per Danilo, entrato nel giro azzurro proprio dopo la coppa del mondo del 2006, si tratterebbe della prima kermesse diversa da un Europeo nella quale calcherebbe il campo, forse l’ultima chance per i migliori della generazione attuale di affrontare una competizione tutti insieme.

La matassa della querelle estiva non è stata ancora sbrogliata, con la sua risoluzione che fu posticipata solo a qualificazione raggiunta; la speranza è quella di una conclusione di accordo fra le parti, così da mettere a disposizione della causa azzurra i migliori giocatori disponibili, fornendo l’occasione d’oro a Danilo di dimostrare direttamente in Cina come sia questo ad essere, in tutto e per tutto, l’anno del Gallo.

Photo by Mauro Ujetto/NurPhoto
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