articolo di Raffaele Ferraro
foto di Simone Raso

 

 

La dignità è un concetto fondamentale. Un valore universale non semplice da spiegare ma che sta alla base della vita di ogni uomo. Questa avventura parte da qui, per l’appunto, dalla dignità. Un’avventura che è partita non per caso ma per volontà di due ragazzi che nella vita giocano a pallacanestro e che un giorno hanno deciso di dare una mano a delle persone che non hanno nulla, tranne la dignità.

“L’idea è nata dopo che ho finito di leggere un libro, “El despertar del lider” (Il risveglio del leader), una sorta di guida spirituale dello scrittore americano Kevin Cashman. Chiuse quelle pagine, mi è venuta voglia di darmi da fare per chi era meno fortunato di me: sicuramente avevo già dentro quella volontà, ma quel libro mi ha aiutato a prendere forza per fare i primi passi verso qualcosa di concreto. Con una certezza iniziale tra tanti dubbi: non volevo che fosse un progetto sviluppato in Argentina o in Italia, ma in un luogo di cui non conoscevo la gente e la cultura. Volevo che fosse un’esperienza del tutto nuova anche per me. La svolta è venuta parlando con Tommaso Marino. Nel 2010 siamo partiti insieme per Nairobi e lì abbiamo trovato l’ispirazione, incontrando le persone giuste con cui dare appunto vita a Slums Dunk”.

Foto: Simone Raso /slumsDunk

A parlare è Bruno Cerella, guardia della Reyer Venezia, da tanti anni in Italia, e il suo socio in questa avventura è Tommaso Marino, anche lui giocatore professionista in forza a Ravenna. “Nel nostro primo viaggio siamo stati in Kenia per 20 giorni, visitando le baraccopoli di Nairobi. Nessuno può avere una reale idea di cosa ci sia laggiù finchè non lo vede coi propri occhi. Una situazione di povertà che ti lascia senza fiato. In quei giorni ci siamo accorti che hanno una grande passione per lo sport e molti di loro parlano anche l’inglese. Al termine di quell’esperienza abbiamo deciso di creare una Basketball Academy. Nella vita giochiamo a basket, è il nostro lavoro e la nostra grande passione. Abbiamo unito ciò che sappiamo fare con un progetto sociale. Volevamo coinvolgere i ragazzi nello sport, con istruttori preparati, in campi adeguati, aiutandoli anche in ambito scolastico, togliendoli dalla strada, educandoli anche tramite il basket. I nostri coach Giuseppe Di Paolo e Michele Carrea hanno iniziato a fare corsi per formare allenatori giovani, italiani. Siamo partiti dalla baraccopoli di Mathare dove c’era una situazione terrificante. C’erano solo terreni abusivi ed ex terreni militari. Con 9000 euro abbiamo acquistato un terreno e abbiamo costruito la nostra prima Basketball Academy. Abbiamo coinvolto 12 scuole di Mathare e abbiamo avviato un progetto che potesse andare avanti tutto l’anno e non solo un summer camp di basket stagionale. Abbiamo avviato progetti con altre onlus per l’educazione scolastica, per coinvolgere sempre più bambini, strappandoli dalla strada, creando opportunità, cercando di migliorare le condizioni di vita dei ragazzi e delle loro famiglie”.

Foto: Simone Raso /slumsDunk

Brillano gli occhi di Bruno ogni volta che parla di Slums Dunk. Questa realtà lo impegna 12 mesi all’anno e non si ferma solo alle due settimane in cui Ogni anno, le due settimane di Summer Camp in cui partecipano sempre sia Bruno che Tommaso, si dividono in due momenti ben precisi. Le mattine sono riservate alla formazione dei coach con un programma di cui è responsabile Michele Carrera (coach di Biella): il fine, oltre che dare le necessarie conoscenze tecniche, è anche quello di formare persone in grado di curare l’aspetto organizzativo, dando vita a realtà che sappiano poi coinvolgere ed educare i ragazzi e le ragazze delle baraccopoli. I pomeriggi ci si allena: 3-4 ore di allenamento, tutti i giorni. Ogni anni vengono coinvolti 40-50 coach che allenano circa 200 giocatori tra ragazzi e ragazze: a tutti viene garantito il vitto, il trasporto e il materiale da gioco. Ma il positivo contagio continua anche una volta che Bruno e Tommaso tornano in Italia: grazie al lavoro di chi hanno contribuito a formare, più di 10.000 giovani trovano infatti ogni anno nel basket uno stimolo per non lasciarsi andare, per sperare in una vita migliore.

Foto: Simone Raso /slumsDunk
Foto: Simone Raso /slumsDunk
Foto: Simone Raso /slumsDunk

“Oggi abbiamo diviso le categorie dei bambini dai 6 ai 15 anni, abbiamo iscritto alcune categorie di ragazzi nei campionati nazionali come la NBA Junior League: abbiamo vinto il campionato nazionale con questi ragazzi! I campionati sono sia maschili che femminili e siamo molto felici di questo. Perché le ragazze vivono in una realtà dove la donna è molto discriminata. Giocare a basket è anche una vetrina per tutti loro perché le scuole private reclutano i più bravi dando loro borse di studio per fare la secondary school. All’interno delle baraccopoli, di norma, c’è la scuola elementare. Solo quella. Quindi quasi tutti smettono di andare a scuola a 10 anni perché per continuare gli studi dovrebbero uscire dalle baraccopoli e andare in scuole medie che sono quasi tutte private, quindi inaccessibili per loro”.

Foto: Simone Raso /slumsDunk

Parlando prettamente del lato cestistico del progetto, col passare degli anni sono arrivati grandi risultati: oggi ci sono 35, tra ragazzi e ragazze, che hanno borse di studio per merito sportivo all’interno di Kenya e Zambia. Addirittura 2 ragazzi sono arrivati all’ “NBA Wihout Border” e in questo momento studiano e giocano in college della California con delle ottime borse di studio.
“Oggi abbiamo 4 Basbetball Academy. Una in Kenya a Nairobi (nella baraccopoli di Matahre), un’altra sempre in Kenya a Kisumu, vicino al Lago Vittoria. Le altre 2 sono a Ndola in Zambia, al confine con il Congo. Oggi formiamo 10.000 ragazzi con le nostre attività che non si limitano al basket: nel fine settimana facciamo educazione sessuale, lezioni sulla nutrizione e sull’igiene dentale. Diamo la possibilità alle mamme dei bambini di fare le analisi del sangue. Facciamo prevenzione sull’HIV. Educazione scolastica, salute e sport. Possiamo fare tutto questo perché abbiamo stretto collaborazioni con altre 6 tra onlus e associazioni di volontariato”.

Foto: Simone Raso /slumsDunk

Qualche settimana fa è arrivato in Italia Javan, un ragazzo di origini keniane del 2004. Ha vinto il titolo di MVP dell’NBA Without Border del Sud Africa. Sarà ospite presso una famiglia italiana e nel nostro paese potrà continuare a giocare e a studiare. Inizierà ad allenarsi alla Novipiù Campus Piemonte, e dalla prossima stagione giocherà nel settore giovanile di Moncalieri. E’ il primo ragazzo di Slums Dunk che viene in Italia per studiare e giocare a basket. Una soddisfazione immensa per Bruno e Tommaso.

Foto: Simone Raso /slumsDunk
Foto: Simone Raso /slumsDunk

“Siamo su un blog chiamato LaGiornataTipo e vorrei raccontarvi la giornata tipo di un bambino che vive in una baraccopoli. Sveglia alle 5.30. L’80% di loro non fa colazione. A scuola si fanno poche materie, tre o quattro (inglese, matematica, storia). Verso le 10, ogni tanto, la scuola dà una merdenda ai bambini. Molti di loro non la ricevono mai perché le famiglie non possono pagare una bassissima retta. Alle 13 escono da scuola e vanno a casa. Alle 13.30 il pranzo: mangiano sempre e solo ugali, una sorta di polenta, con un po’ di verdura. Ogni tanto anche un pezzo di carne. Si mangia sempre con le mani. Alle 16 allenamento di basket. 2 ore di allenamento. Questo impegno permette a tanti di loro di non essere risucchiati dalla criminalità, dalla prostituzione minorile. Verso le 18.30 fa buio e tornano a casa dove non hanno elettricità. Quando possono fanno la doccia nei bagni pubblici. Vanno sempre a dormire presto. Diamo loro un’assistenza medica e un’assicurazione privata. I più bravi riescono a prendere delle borse di studio dalle scuole private, e il costo iniziale lo sosteniamo noi (200 euro) per comprare letto, spazzolino e pigiama”.

 

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Durante l’anno Bruno e Tommaso, dall’Italia, portano avanti tutta la macchina organizzativa che comprende la parte amministrativa, finanziaria di comunicazione e non solo. “In Italia facciamo tanti eventi per far conoscere Slums Dunk, per ottenere sostegno, per raccogliere anche materiale come scarpe, magliette e palloni che, ovviamente, sono molto utili per le nostre academy.”

Foto: Simone Raso /slumsDunk
Foto: Simone Raso /slumsDunk
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Foto: Simone Raso /slumsDunk
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Bruno ha imparato e sta imparando molto da questa esperienza che ha cambiato la vita sua e di tutti gli altri che condividono con lui questo progetto. “A livello personale ho una soddisfazione enorme per quello che assieme ad altri siamo riusciti a creare. Con passione, impegno, amore. Abbiamo potuto dare allo sport quello che lo sport ha dato a noi. Andare in Africa ogni anno è una gioia. Sono 6 anni che vado sempre lì e negli ultimi 4 anni sono andato solo una volta in Argentina, a casa mia… Pensando a tutto ciò che abbiamo visto e vissuto in questi anni, mi fanno tremendamente incazzare la disparità che esistono nel mondo. Mi arrabbio tantissimo quando vedo la gente lamentarsi per cose superficiali. Quando si vive troppo bene, come facciamo noi, non ci accorgiamo che in un’altra parte del mondo ci sono persone che muoiono di fame a 4 anni”.

Foto: Simone Raso /slumsDunk
Foto: Simone Raso /slumsDunk

La chiusura è per il basket. Da dove è nato tutto, la carriera di Bruno, l’idea per fare qualcosa di concreto per le popolazioni africane. “Se non fosse stato per il basket non sarei mai venuto in Italia. Sono partito da Massafra in C2, per arrivare a giocare in Eurolega con Milano. Per me il basket è vita. E tutti gli sport sono uno strumento potentissimo che può aiutare tutti a condividere valori, migliorare la vita, mettersi in gioco”.

Lo sport è un linguaggio comune che chiunque può parlare, è uno strumento che unisce, che non conosce limiti. Chiunque può giocare a basket: ovunque ci sia un canestro, con qualsiasi palla, con o senza scarpe, l’unica cosa che conta realmente è la motivazione per saltare e andare a canestro. Il basket non è solo competizione ma anche uno strumento che può essere facilmente utilizzato per trasmettere cultura, valori e competenze. Slums Dunk costituisce una storpiatura del termine slam dunk (schiacciata) dove slum significa baraccopoli. Slums Dunk mira a migliorare le condizioni di vita dei bambini e dei giovani che vivono nella aree economicamente e socialmente degradate dell’Africa.

Slums Dunk ha bisogno di tutti voi che avete letto questo articolo. E ha bisogno che ognuno di voi faccia sapere a tutte le persone che conosce che basta poco, pochissimo, per dare una piccola speranza a chi ancor oggi vive ingiustamente in condizioni disumane.

Foto: Simone Raso /slumsDunk

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Raffaele Ferraro

Sono quello che gestisce la pagina facebook e il profilo twitter. Scrivo tutti i pezzi violentando quotidianamente la lingua italiana. Sì insomma, sono quello che non ha una vita sociale.
Ora che abbiamo anche un sito ho raccattato dalla strada tre disperati dal buon livello di ignoranza ma soprattutto dal massimo livello di passione per la palla a spicchi.
Essendo di Bologna ho più pallacanestro che trigliceridi nel sangue.

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