articolo di Daniele Vecchi

 

 

 

Il controllo.

Totale.

Su tutto.

Su qualsiasi cosa riguardi la tua creatura, che è tua, soltanto tua, l’hai cresciuta, l’hai coltivata, l’hai nutrita, con pregi e difetti, con errori e con intuizioni, in base al tuo background lavorativo, in base alla mission che ti eri prefisso.

Hai chiesto carta bianca, per raggiungere il tuo obiettivo, carta bianca totale, e ti è stata data, ad una condizione, quella di rimanere sempre nei limiti dell’etica e della correttezza aziendale e concorrenziale, così dovrebbe sempre funzionare nelle grandi aziende, così dovrebbe sempre funzionare quando una singola persona ha in mano il progetto, è il responsabile sotto tantissimi punti di vista, e sotto pressione potrebbe farsi prendere la mano da comportamenti deleteri non solo per sè stesso ma per l’intero progetto.

Sei inquieto, comunque.

La tua creatura è comunque meticcia, viziata, il tuo arrivo a gestire la creatura appare, a qualcuno, a molti, una forzatura, e tu, che comunque godi di buona credibilità e buona stampa grazie al tuo status personale e familiare, sembri messo lì dai “poteri forti” (leggasi NBA) per rimediare a un disastro che si stava rivelando di dimensioni immani (la gestione Hinkie), perlomeno nel breve/medio periodo.

Nella e per la tua creatura tu vuoi solo cose, persone, immagini, situazioni, slogan, che non ricordino minimamente ciò che è stato prima, vuoi che la tua creatura sia vista solo come la TUA creatura, quindi tutto quello che c’era prima vorresti minimizzarlo, ridimensionarlo, e se necessario anche ridicolizzarlo.

Perchè TU hai il controllo, su tutto.

Perchè credi di essere TU al centro di tutto, non la tua creatura.

E qui commetti l’errore, fatale.

Dai retta al tuo ego, al tuo voler anteporre a tutti i costi la tua realizzazione personale.

Si avvicina o perlomeno si approssima il momento della rivincita, le cose si stanno mettendo bene e il futuro sembra roseo, ma poi ti rendi conto che, in caso di realizzazione finale della tua creatura, tu forse non sarai ricordato come il totale e completo artefice della impresa, ma solo come qualcuno che è subentrato in corsa, nel bel mezzo di un processo che lo ha visto protagonista solo in parte.

Il tuo obiettivo diventa quindi gettare discredito e fango su coloro che non sono state tue scelte, su chi ti ha preceduto, e su tutti coloro che credevano e tuttora credono che le gestioni precedenti le tue fossero comunque migliori.

Tu devi assolutamente dimostrare che sei il migliore di tutti quelli che hanno avuto a che fare con la tua creatura.

Il tuo ego ha bisogno di essere nutrito.

Il punto di ritorno è ormai superato, anteponi te stesso alla tua creatura.

Quindi per gettare fango su coloro che non sono stati scelti e che hai tuo malgrado ereditato dalla precedente gestione, scegli il modo più subdolo e cervellotico, i social.

Crei realtà virtuali in cui attacchi queste persone, divulgando cose personali, sbandierando cose che solo un insider poteva sapere, cercando di mettere in cattiva luce le gestioni precedenti e i giocatori scelti da chi c’era prima di te.

Infine, quando ormai tutto è compromesso, quando sei stato scoperto prima da un giornalista e poi da una investigazione privata ordita proprio dalla tua stessa creatura, e la cosa più bella che potevi fare era ammettere tutto, ammettere di avere un enorme problema con il tuo ego e cospargerti il capo di cenere, cosa fai? Coinvolgi tua moglie, nel disperato tentativo di salvarti la faccia, facendo una figura più che barbina.

Giovedì 7 giugno i Philadelphia 76ers hanno annunciato la fine del rapporto professionale con il GM Bryan Colangelo, accettando le sue dimissioni, dopo lo scandalo che lo ha coinvolto, a riguardo di cinque account Twitter risultati essere, dopo l’investigazione, legati a lui e/o a sua moglie, account Twitter usati per denigrare, usando informazioni sensibili accessibili solamente ad una persona interna ai Sixers, alcuni giocatori dei Sixers come Joel Embiid, Jahlil Okafor, Nerlens Noel, il vecchio GM Sam Hinkie, coach Brett Brown, il GM dei Raptors Masai Ujiri (che ha preso il suo posto a Toronto, dopo che Colangelo lo ha “cresciuto” dal 2008) persino il suo pupillo Markelle Fultz, account allo stesso tempo usati per celebrare le doti dello stesso Colangelo alla guida dei Sixers.

Colangelo venne smascherato da una rivelazione del giornalista newyorkese Ben Detrick su The Ringer, che scrisse con certezza che c’era il GM dei Sixers dietro quei cinque fake account di Twitter.

Un articolo dettagliatissimo quello di Detrick, che ha scovato tweets degli ultimi due anni dei cinque accounts incriminati (Eric jr @AlVic40117560 -il più attivo-, HonestAbe @Honesta34197118, Enoughunkownsources @Enoughunkownso1, Still Balling @s_bonhams e @phila1234567) collegandoli a svariate situazioni, smascherando totalmente Colangelo nel suo malato modo di agire, come poi successivamente confermato dalla indagine interna compiuta dai Sixers.

Una mossa a dir poco scellerata da parte di Colangelo, che così facendo ha visto la sua credibilità crollata agli occhi di tutti i tifosi Sixers, di tutta la squadra e del club, e probabilmente agli occhi di tutti gli addetti ai lavori.

Dopo i primi mesi della scorsa stagione, quando ormai era chiaro che Ben Simmons aveva tutte le carte in regola per poter diventare uno dei dominatori della Lega, gli accounts di Colangelo si accanirono contro Embiid: “gioca come un poppante che fa i capricci” oppure “gli darei dei calci nel culo”, “pigro e egoista”, e ancora “scambierei Embiid per Porzingis”, mentre, per rafforzare la propria posizione, di Ben Simmons scriveva “non sarebbe mai venuto a Philadelphia se ci fosse stato ancora Hinkie”.

 


 




Ovviamente gli accounts sotto il controllo di Colangelo ne avevano per tutti, per Jahlil Okafor “non passerà mai nessuna visita medica con nessuna squadra”, per Nerlens Noel “un teppistello egoista”, di Sam Hinkie “Colangelo è arrivato a ripulire il casino che ha combinato”, per Keith Williams (preparatore e mentore di Markelle Fultz) “il suo cosiddetto mentore, con il quale Fultz ha un rapporto controverso, lo ha forzato a cambiare il suo stile di tiro”, per Brett Brown “lascia in panchina Fultz per avere una scusa sempre pronta per la sconfitta”, e per Masai Ujiri “nonostante il remunerativo rinnovo milionario non ha fatto niente per migliorare la squadra” sottintendendo che le sue scelte DeMar DeRozan e Kyle Lowry avevano bisogno di altri buoni giocatori per fare il definitivo passo verso il Titolo o perlomeno il top della Eastern Conference.

 


 

Insomma una chirurgica e studiata presenza social, quella dei fake account di Colangelo, un lavoro accurato e ben strutturato che mirava esclusivamente a mettere sè stesso in ottima prospettiva, e a insinuare dubbi e perplessità (alcune in realtà fondate) nell’opinione pubblica su tutti i giocatori che arrivavano da scelte di Hinkie, supportando ad oltranza le proprie decisioni e scelte, e denigrando tutto il resto.

Insomma una patologia abbastanza grave, soprattutto per un GM che ha in mano una franchigia, una società, un’azienda e un brand che vale centinaia di milioni di dollari.

Nonostante i successi del Club, che quest’anno dopo tanti anni ha raggiunto un livello di credibilità di squadra finalmente alto con il terzo posto della Eastern Conference in Regular Season, e finalmente con un futuro apparentemente radioso all’orizzonte, probabilmente l’idea che i Sixers fossero in fondo una creatura non totalmente, anzi, nemmeno per metà sua, ha fatto esplodere in Bryan Colangelo  il lato narcisista della sua personalità, un lato deleterio che ha avuto la propria sublimazione con la vicenda degli account Twitter.

Quindi, Sam Hinkie e il suo famigerato Process sembravano essere proprio una ossessione, per Colangelo.

Per quanto una ossessione non sia mai giustificata, si può però probabilmente affermare che la pressione su Colangelo in questi due anni sia stata sempre molto forte, molto più che in qualsiasi altra squadra, per un insieme di cose.

Non dobbiamo mai dimenticarci che Philadelphia è il terzo mercato televisivo statunitense, quindi una importante fetta di sponsor, pubblicità e credibilità per la NBA, a livello nazionale e mondiale, e avere i Sixers ai margini della competizione, con anni di tanking, era per Adam Silver un insano bagno di sangue.

Così venne convocato il vecchio Jerry Colangelo, uomo di fiducia della NBA, storico proprietario dei Phoenix Suns, direttore di USA Basketball e padre di Bryan, GM di successo ai Suns e ai Raptors, per risollevare le sorti della squadra della Città dell’Amore Fraterno.

La famiglia Colangelo prese le redini di Philadelphia ancora con Hinkie nei panni di GM, ma con il fiato sul collo di Jerry e soprattutto di Bryan, designato dal padre Jerry (designato a sua volta dalla NBA) per il ruolo di futuro GM.

Bryan Colangelo prese infatti in mano il timone dei Sixers dal 6 aprile 2016 dopo le dimissioni di Hinkie, ma lo “spettro” dell’uomo da Stanford rimase sempre e comunque nell’immaginario collettivo dei tifosi di Philadelphia.

Questa probabilmente fu la cosa che più fece male a Colangelo, cosa che a tutti noi può sembrare stupida (cosa te ne frega se la squadra che dirigi alla fine l’ha costruita un altro??? L’importante è la squadra che stai dirigendo, non è il tuo ego! Ognuno di noi comuni mortali la penserebbe così), ma che allo stesso tempo può risultare un pensiero deleterio per un ego molto ingombrante come quello di Colangelo.

In effetti Hinkie, consapevole o no, coinvolto o no in tutta la vicenda, è comunque un personaggio chiave di questa storia, anche in virtù del fatto che Ben Detrick, colui che a febbraio scorso ha ricevuto la soffiata sugli account Twitter di Colangelo, non ha mai nascosto le proprie simpatie per Hinkie anche in tempi non sospetti.

Quindi, facendo pure noi delle illazioni non comprovate, tutti gli indizi porterebbero a pensare che Ben Detrick, grande estimatore dell’ex GM dei Sixers, possa essere stato “scelto” per diffondere questa notizia proprio da qualcuno molto vicino a Hinkie, se non da Hinkie stesso.

Altra piccola testimonianza del fatto che Hinkie possa essere anche tangenzialmente coinvolto in questa vicenda, vi è la chiara frase di Detrick nel suo pezzo, “the source explained that they worked in artificial intelligence”, parlando di chi gli aveva passato le informazioni. E’ arcinoto infatti che la Intelligenza Artificiale è uno dei rami studiati e insegnati all’università da Sam Hinkie.

A mezza voce, ma apparentemente sicuri di quello che dicono, sicuri di non essere citati, addetti ai lavori oltre oceano sono certi che in un qualche modo Hinkie c’entri, in questa storia, ma si tratta solo di voci e illazioni.

Rimane il fatto che questi Sixers che hanno conquistato la N.3 del Seed della Eastern Conference sono, senza possibilità di smentita, una squadra costruita da Hinkie.

Certamente con qualche aggiunta (J.J. Redick, Ersan Ilyasova e Marco Belinelli) e con una prima scelta assoluta ottenuta da Boston via Brooklyn, in cui Bryan ha scelto Markelle Fultz.

E qui si aprono svariati scenari, su questa scelta.

Ovviamente di scelte sbagliate, in passato, ne ha sprecate anche Hinkie (a citarne un paio, Michael Carter Williams, o lo stesso Jahlil Okafor), ma in quel momento storico, nel Draft 2017, con Embiid e Simmons già sdoganati come potenziali superstar, Colangelo NON POTEVA sbagliare la scelta.

E forse l’ha sbagliata.

Poteva creare un Big Three devastante senza dover per forza portare un Free Agent di primo piano a Philadelphia, costruendo e crescendo i suoi tre gioielli per la prossima dinastia.

E invece, nonostante Fultz sia ancora ventenne e con grande margine di miglioramento, appare difficile possa essere una vera superstar, soprattutto a livello mentale.

Rumors di insiders all’interno dell’organizzazione dei Sixers dicono che tutto si sia definitivamente rotto proprio la notte di quel Draft, tra Colangelo e la squadra.

Pare che nessuno dello staff o dei giocatori volesse Fultz, e che la sua scelta sia stata unicamente di Colangelo, contro il parere di tutti, creando malumori e dissidi interni.

Pare anche che durante la stagione Fultz non si sia dimostrato un gran uomo spogliatoio, litigando spesso un pò con tutti e avendo una attitudine sbagliata, nonostante il suo rendimento al di sotto delle aspettative (condizionato però dagli infortuni, va detto).

Insomma Markelle Fultz, nel caso di arrivo di un Free Agent importante, pare essere il primo nome sulla lista dei partenti, e non da oggi.

Per il modo in cui la famiglia Colangelo è arrivata alla guida dei Sixers (come sappiamo un modo “forzato”, praticamente imposto dalla NBA, a causa della politica di Hinkie sul tanking), per la eleganza con cui Hinkie è uscito di scena (un dossier di 13 pagine, dettagliatissimo e onestissimo presentato alla dirigenza dei 76ers al momento delle sue dimissioni, per poi non fare mai più parlare di sè, quasi senza dichiarazioni e senza nessuna recriminazione o proclamo contro chi lo aveva forzato a dimettersi), e per quella vocina che tutti, tra tifosi e addetti ai lavori, sussurrava nelle nostre menti durante gli anni di Hinkie “E SE AVESSE RAGIONE?”, per tutto questo, dicendola nella maniera più delicata possibile, Colangelo ha letteralmente sbroccato, perdendo il controllo, superando il limite, invischiandosi in questa assurda storia di destabilizzazione, destabilizzazione di una creatura che poteva benissimo, e può tuttora, nonostante le sue scellerate scelte, essere una contender per i prossimi dieci anni.

Come scrive Rohan Nadkarni su Sports Illustrated: “Bryan Colangelo della famiglia Colangelo, da sempre famiglia molto vicina alla NBA, è stato messo a Philadelphia perchè la NBA era stanca del vergognoso tanking di Sam Hinkie. Ed ora Bryan si ritrova senza lavoro perchè lui o sua moglie non riuscivano a smettere di contestare Embiid su Twitter?

Ora chiunque potrebbe fare il GM dei Sixers, persino un robot di ultima generazione del MIT potrebbe farlo, tenere Embiid e Simmons lontani dagli infortuni e ingaggiare una superstar con il rimanente spazio nel Salary Cap. Se Colangelo o sua moglie non avessero mai scelto la strada dei Tweet, ora sarebbero i titolari di una probabile futura dinastia NBA nei prossimi dieci anni”.

Per ora il ruolo di GM ad interim è ricoperto da coach Brett Brown, che ha già effettuato un paio di operazioni importanti come i prolungamenti dei contratti di T.J. McConnell e Richaun Holmes.

La mossa di annettere Monty Williams nel coaching staff dei Sixers (tra l’altro ex coach di Marco Belinelli a New Orleans e storico estimatore dell’azzurro, insomma una sorta di buon auspicio per la permanenza di Belinelli nella Città dell’Amore Fraterno) a qualcuno è sembrata essere il preludio per l’abbandono del ruolo di coach da parte di Brett Brown per dedicarsi completamente al ruolo di GM, lasciando la guida tecnica della squadra a Williams.

Ma altri rumors si affacciano all’orizzonte, a proposito di superstars che si potrebbero muovere.

Si parla addirittura di Robert Griffin da Cleveland che potrebbe portarsi dietro LeBron James quest’estate, fanta basket o ipotesi verosimile? Tra un paio di settimane vedremo ciò che accadrà, rimane il fatto che la situazione per i Sixers, a livello pratico non sembra essere poi così grave, guardando al futuro.

Le Scelte dei Sixers all’ultimo Draft sembrano essere buone, è arrivata la N.16 dai Phoenix Suns in cambio della 10 (che tra l’altro sarebbe stato un giocatore di casa, Mikal Bridges da Villanova, andato appunto a Phoenix), Zhaire Smith da Texas Tech, giocatore esplosivo offensivamente e con una buona attitudine difensiva, una guardia tiratrice che può avere un ottimo impatto difensivo sul gioco di Brown, senza togliere tiri e spazio offensivo a Embiid e Simmons. La cosa però forse più importante per i Sixers in questo scambio 10-16 è l’acquisizione della Prima scelta dei Miami Heat al Draft 2021, una prima scelta non protetta in un’annata in cui alcuni giocatori potranno essere in scadenza di contratto, una ottima mossa, molto “Hinkiana”, da parte di Brett Brown, una mossa che, i più spietati dicono, Bryan Colangelo non avrebbe mai fatto.

Alla N.26 è arrivato Landry Shamet da Wichita State, tiratore da 44% in stagione nella ACC, cecchino apparentemente affidabile che potrebbe rivelarsi un’ottima alternativa a J.J. Redick. Infine al Secondo Giro, al N.54, è arrivato Shake Milton, una point guard di due metri scarsi che esce da Southern Methodist University dopo tre anni, con un pò più di esperienza rispetto agli altri due (Smith un solo anno a Texas Tech, Shamet due anni), che potrebbe partire in sordina ma che pare essere tenuto in ottima considerazione da Brett Brown.

Un ottimo Draft per Philadelphia, che ancora sta comunque accusando gli strascichi della vicenda Colangelo.

Un rinomato collega giornalista ha definito come “tragica” questa vicenda, e non si può essere altro che d’accordo, una situazione talmente allucinante che, se non fosse così sportivamente drammatica, sarebbe addirittura esilerante.

Di certo storicamente non è mai stato facile essere un executive dei Sixers, i tifosi, i media e la città non sono mai stati molto teneri con chi gestisce la squadra, e nessuno ha mai fatto mistero delle proprie eventuali insoddisfazioni e dei malumori della città.

Dopo Billy King, Ed Stefanski, Rod Thorn, Tony DiLeo, tutti GM e Presidenti ampiamente e apertamente contestati ad ogni livello da tifosi, città e media, il livello di allucinazione sembrava essersi stabilizzato sul massimo possibile con Sam Hinkie e la sua filosofia di costruire una contender con scambi e scelte sacrificando stagioni e parziale dignità.

Ma con la vicenda Colangelo, per The City Of Brotherly Love, si è raggiunto un nuovo set di insoddisfazione, si è ancora una volta superleato il massimo, per quanto ora la situazione, con la squadra e le prospettive che i Sixers si ritrovano, appare meno grave del passato, così i tifosi e i media, nonostante la tragicità della situazione, possono anche farsi una mezza risata.

Ridono meno invece nella Olympic Tower sulla Fifth Avenue, Sede della NBA, perchè il “rimedio” da loro imposto per “salvare” il brand NBA e il brand Sixers due anni fa, si è rivelato molto più deleterio e controproducente del reiterato tanking professato da Sam Hinkie, che incredibilmente ancora una volta ne esce vincitore.

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