illustrazione in copertina di Paolo Mainini
articolo di Marco Munno

 

 

 

Con questa gag, al termine della partita contro l’Australia, la FIBA ha omaggiato la seconda partita in questi Giochi Olimpici di Simone Fontecchio, nella quale ha piazzato un altro ventello dopo quello dell’esordio. Roba che alle Olimpiadi, con la maglia azzurra, non si vedeva da vent’anni: Carlton Myers, autore di 20 tondi tondi contro la Nuova Zelanda e di 24 contro la Francia a Sidney 2000. Scomodando addirittura Klay Thompson in un paragone importante, ma calzante se rapportato all’ultima eccezionale mesata vissuta dal ragazzo abruzzese.

 

 

Le origini

Francavilla al Mare, in provincia di Chieti, è un comune di circa 25mila abitanti. Fra due palazzi in viale Kennedy 3 è possibile scorgere un canestro, e qualche anno fa a sfidarsi 1 contro 1, perdendosi poi in sessioni di tiro estenuanti, c’erano due fratelli. Entrambi speravano di emulare le gesta di famiglia, che nella pallacanestro affondava radici profonde: a partire da nonno Vittorio Pomilio, 19 presenze in Nazionale e una rinuncia solo all’ultimo momento ai Giochi Olimpici di Roma del 1960, con il lavoro nella ditta di costruzioni a portarlo a rifiutare la chiamata di coach Paratore. Maggiore longevità invece ebbe la carriera della madre di Luca e Simone, Amalia (per tutti Malì): due scudetti conquistati a Vicenza, 120 presenze con la maglia azzurra prima di diventare Team Manager della Nazionale, aprendo inoltre una società al termine dei propri impegni agonistici in cui mossero i primi passi i due rampolli. Che, allargando gli orizzonti dal basket, avevano altri due esempi di eccellenza sportiva in famiglia: il padre Daniele Fontecchio, più volte campione d’Italia nei 110 ostacoli, e lo zio Amedeo, non esattamente il vicino di ombrellone meno ingombrante nelle giornate al mare, con un palmares da pallanuotista da una quindicina di medaglie.

foto ItalBasket

Il maggiore dei due fratelli, Luca, ebbe all’inizio indecisione sullo sport da scegliere, prima di virare sulla pallacanestro e arrivare alle giovanili della Virtus Bologna e alle selezioni nazionali giovanili, con l’argento conquistato agli Europei Under 20 del 2011. Simone, invece, sin dall’inizio fu determinato nel preferire la palla a spicchi. Buon sangue non mentì e, sulla scia dell’azzurro legato a doppio filo ai suoi geni, anche lui visse presto dei momenti con la scritta “Italia” sul petto: nel 2012 fece parte della Nazionale Under 16, sempre nel 2012 e nel 2013 di quella Under 18, e nel 2014 di quella Under 20 giocando i rispettivi Europei di Categoria. Ottenendo, tra l’altro, la convocazione nell’estate del 2013 per l’All Star Game Under 18 della FIBA, saltato poi per via di un infortunio.

D’altronde, era facile capire il motivo della sua chiamata: alle ottime prestazioni con il proprio club aveva aggiunto anche un bell’Europeo, segnando nel match più tirato degli azzurrini (del cui gruppo faceva parte anche un certo Marco Spissu che ritroverà poi più avanti) 28 punti e il layup della vittoria.

 

Il lancio alla Virtus Bologna

foto www.virtus.it

Dicevamo delle prestazioni nel club, ovvero la Virtus Bologna: viste le ambizioni del ragazzo, si era spostato quattordicenne dall’Amatori Pescara per trasferirsi nel settore giovanile delle Vu Nere, seguendo le orme del fratello maggiore Luca. E così come Luca, mise in bacheca scudetti giovanili Under 17 e Under 19: precisamente, quello Under 17 del 2012 in cui faceva coppia con Adam Pecháček, quello Under 19 dello stesso anno con Matteo Imbrò e Aristide Landi ad aggiungersi alla coppia di punte di diamante e quello Under 19 del 2013, sempre con questo quartetto in evidenza. Durante quest’ultima annata sportiva, divise il suo impegno fra settore giovanile (dove c’è da segnalare anche un torneo di Eurolega giovanile concluso a 19.3 punti di media) e prima squadra, in cui era stato promosso e in cui esordì, 16enne, contro Biella. Nell’ultima porzione della stagione 2012/13 trovò più spazio fra i senior, sancendo di fatto il suo passaggio definitivo con la prima squadra, per la quale resistette anche al richiamo dei college statunitensi. Nonostante la stagione successiva fu avara di soddisfazioni per la Virtus, Simone dal punto di vista individuale continuó la sua ascesa, con un minutaggio in aumento via via che i mesi passavano, impreziosita dalla collezione della prima presenza in Nazionale maggiore, durante l’All Star Game dell’aprile del 2014. Nell’annata sportiva successiva, la 2014/15, insieme a Imbrò fu l’unico confermato nella rivoluzione del roster bolognese: iniziò fortissimo, piazzando la tripla della vittoria contro Pistoia alla quinta giornata e poi contro Avellino alla nona, entrambe a 10 secondi dalla sirena finale. I due canestri del successo furono il prologo al premio di Miglior Under 22 del campionato ricevuto a fine stagione, con un coinvolgimento sempre maggiore visti i 24.5 minuti di utilizzo (in cui produsse 7.4 punti, 2.3 rimbalzi e 1.5 assist).

Il suo nome iniziò a circolare anche al di là dell’Oceano. A metterci gli occhi sopra furono i Celtics, con Danny Ainge che stava per proseguire la ricostruzione della squadra dopo la cessione dell’ultimo dei big rimasti Rajon Rondo. Venne invitato al termine della stagione per un workout, sostenuto agli inizi di giugno prima di rispondere alla convocazione dell’Under 20, che parve aver convinto la dirigenza a selezionarlo nel secondo giro del draft. Fontecchio però ritirò la propria candidatura, dopo essersi reso eleggibile a fine aprile, poco prima della scadenza dei termini, in attesa di un’entrata “naturale” al draft del 2017.

Dopo gli impegni estivi in azzurro, si concentrò sulla stagione successiva, in cui la sua crescita individuale proseguì: personalmente si trattò della miglior annata sportiva che trascorse a Bologna, con 9.2 punti e 27.5 minuti di utilizzo, ma per la squadra le cose andarono malissimo, con la prima retrocessione ottenuta sul campo della propria storia.

 

L’eclissi a Milano

foto Olimpia Milano
Era chiaro che con le sue potenzialità non avrebbe seguito la squadra in Serie A2: al suo cospetto si presentò l’Olimpia Milano, che lo mise sotto contratto nell’estate 2016, che affrontò inizialmente con il gruppo azzurro in preparazione del Torneo PreOlimpico di Torino, con due presenze alla Trentino Basket Cup, senza però rientrare nel roster finale.
Una sfida stimolante nonostante la sua difficoltà: da una parte c’era la possibilità di giocare al più alto livello europeo al fianco di tanti campioni da cui imparare, dall’altra una concorrenza spietata in un roster pieno di giocatori di spessore. Coach Jasmin Repeša comunque crede nelle sue capacità: nonostante “non finisse un allenamento senza rimediare almeno uno scappellotto”, come dichiarò Fontecchio spesso, trovò varie occasioni per gettarlo nella mischia, ripagato da qualche buona prestazione come quella con il Galatasaray in Eurolega.

Mentre il numero dei trofei nel palmares aumentò, con la Coppa Italia e con la prima delle tre Supercoppe vinte dal 2016 al 2019, quello dei minuti sul parquet si ridusse quando la guida tecnica venne assunta da Simone Pianigiani dalla stagione 2017/18, passando dai 12 di utilizzo in campionato (con il 42.2% da tre) a 7.5 (mentre in Eurolega con il nuovo coach aveva giocato solo 115 secondi). A dicembre del 2017 passò quindi in prestito a Cremona, in cerca di fiducia: lì trovò coach Sacchetti, del quale sottolineò l’importanza al momento di prendere la scelta di allontanarsi temporaneamente da Milano. Alla Vanoli tornò ad un utilizzo intorno ai 20 minuti a gara, sviluppando una sintonia con coach e sistema che gli permise di scollinare per la prima volta la doppia cifra di punti realizzati in una stagione con una singola canotta; più importante dei 22 punti messi a segno con Pistoia, nuovo primato personale, fu la consapevolezza della propria crescita nonostante le poche occasioni. Occasioni che rimasero risicate nell’annata successiva, quando esaurita la “spinta” del buon periodo cremonese, dopo i primi mesi si ritrovò nuovamente nelle retrovie delle gerarchie, concludendo il proprio percorso a Milano con l’inizio del ciclo di Ettore Messina.

 

La ripartenza a Reggio Emilia

foto pallacanestroreggiana.it

Dopo il periodo a Milano, per Simone c’era bisogno di ritrovare spazio e annesse responsabilità. D’altronde, si parlava comunque di un ragazzo di 24 anni, non certo nella fase calante dal punto di vista fisico, con gran parte della carriera ancora da scrivere. Ad offrirgli un’occasione di riprendere il suo percorso di crescita fu la Pallacanestro Reggiana: coach Buscaglia lo ritiene adatto per la sua pallacanestro e ne fece una presenza fissa in quintetto, in ala. La stagione, accorciata a causa della sospensione per la pandemia, vedrà risultati altalenanti per la compagine di Reggio Emilia, ma individualmente per Simone risultò soddisfacente: ritrovò un minutaggio superiore ai 23 minuti a gara (toccati solo nelle ultime due stagioni a Bologna e nella parentesi a Cremona), fissando il proprio massimo in una stagione per medie di punti (11), rimbalzi (4), palloni recuperati (1) e valutazione (10.7). Tentando 4.2 triple tentate a partita, le convertì con un’ottima percentuale del 44.3% (anche questi due valori, entrambi massimi), mostrando quindi una ritrovata fiducia nel fondamentale, abbinata ad una grande efficienza e ritrovando così la maglia azzurra, nel corso delle sperimentazioni dell’Italbasket durante le qualificazioni (giocate con il pass già in tasca) per l’Europeo del 2022.

Non poteva di conseguenza mancare anche il nuovo primato personale per punti in Serie A: migliorando di un punticino quello precedente fissato con la maglia di Cremona, incastrandolo in una striscia di 5 partite a 17.8 punti di media col 62% (!!!) da 3, lo fissò a 23 proprio contro la Vanoli.

 

La rinascita a Berlino

foto euroleague.net

Dopo 12 stagioni, nella bolla a chiusura del campionato tedesco, l’Alba Berlino torna nella stagione 2019/20 campione di Germania. Contraddistinta da un attacco arioso e una pallacanestro molto dinamica, mostrata anche in Eurolega, dopo aver messo in evidenza i suoi gioielli si trova a dover far fronte alla perdita di alcuni dei suoi uomini chiave: il funambolo Hermannsson passò al Valencia, il tiratore Giedraitis al Baskonia. Per sostituire quest’ultimo, per struttura fisica e precisione dall’arco, il profilo individuato da coach Aíto è stato quello di Simone. Che quindi, anche un pò a sorpresa, si ritrova ad essere nuovamente in una squadra impegnata in Eurolega, con la possibilità concreta di potersi stavolta ritagliare spazio. Cosa avvenuta da subito, con il botto piazzato all’esordio con la maglia della squadra tedesca nella massima competizione europea: 16 punti con 8 rimbalzi in soli 19 minuti contro il Maccabi, con 11 punti nel solo primo quarto, tanto per lanciare un segnale sulle sue potenzialità all’interno dei meccanismi della squadra berlinese.

Non si è trattato di un caso isolato. Nel sistema di coach Aíto ha preso sempre più fiducia, con il punto di riferimento Sikma (ala forte sulla carta, ma playmaker in pectore della squadra) l’intesa è migliorata di giorno in giorno con i suoi movimenti senza palla conseguentemente sempre più premiati dalle imbeccate dell’americano, in alternanza agli appostamenti sul perimetro con cui apriva il campo. Contemporaneamente, fuori dal parquet la presenza della compagna e della figlia di un anno, Bianca, gli hanno ammorbidito l’impatto con un paese straniero e in una città che non aveva mai visitato, prima di trovare i propri punti di riferimento anche tra ritmi più rigidi come quelli tedeschi.

“Quando giochi da straniero all’estero hai più responsabilità addosso rispetto a un italiano in Serie A. In un altro Paese devi produrre risultati altrimenti ti mandano a casa”

…è una delle sue ultime dichiarazioni a sintetizzare il salto di qualità che è stato costretto a fare per poter emergere.

Non c’è quindi da stupirsi tanto se, nel finale di stagione, gli sono stati lasciati anche tiri decisivi, come quello all’Astroballe di inizio marzo, con cui ha riportato alla vittoria dopo due mesi i tedeschi in Europa cancellando le residue speranze di qualificarsi ai playoff dell’Asvel.

L’annata di livello di molti esponenti del tricolore in Eurolega, con l’esplosione di Polonara al Baskonia, la sorpresa piazzata da coach Andrea Trinchieri (senza dimenticare gli apporti dell’assistente Adriano Vertemati e del gm Daniele Baiesi, oltre alla presenza a roster di Diego Flaccadori) con il Bayern Monaco, la conferma di Daniel Hackett quale giocatore di riferimento al CSKA, il ritorno alle Final Four dopo 29 anni dell’Olimpia Milano di coach Ettore Messina hanno messo un pò in ombra i suoi miglioramenti; a fine stagione, però, dell’intero plotone è stato l’unico insieme ad Hackett a chiudere con un ampio sorriso, portandosi a casa il titolo in campionato.

 

L’esplosione in azzurro

foto FIBA

Chiaramente con una stagione così solida alle spalle non poteva di certo essere ignorato in vista del Torneo PreOlimpico dal ct Sacchetti. Il quale, con i forfait di Datome e Belinelli e l’assenza di Gallinari inoltre ancora impegnato nelle Finali di Conference con gli Hawks, aveva bisogno di stabilire rinnovate gerarchie, trovando diversi riferimenti offensivi: se con Nik Melli e Achille Polonara il reparto lunghi presentava maggiori certezze, fra gli esterni oltre all’investimento su Nico Mannion si era alla ricerca di un jolly per poter coltivare qualche speranza di fare uno scherzetto alla super favorita armata serba.

Scenario che appariva alquanto improbabile alla vigilia, e ancor di più dopo i primi due quarti del primo match del torneo, quelli che vedevano l’Italbasket sotto di 7 (dopo aver toccato anche il -17) contro Porto Rico, in un match diventato uno scontro diretto per il piazzamento in semifinale, dopo l’esclusione della selezione del Senegal colpita in massa dal covid. Gli azzurri però avevano iniziato nel finale della prima metà gara la rimonta, cominciando a fiaccare le resistenze avversarie fino al sorpasso, avvenuto a tre minuti e mezzo dalla chiusura del terzo quarto: autore della tripla del primo vantaggio azzurro nella gara proprio Simone Fontecchio.

Il successo con Porto Rico era importante per assicurarsi, in semifinale, l’accoppiamento con la Repubblica Dominicana scansando lo scontro con la Serbia. Il match fila via più tranquillo del precedente; Simone comunque, mettendo a referto 17 punti (con 3/3 da dietro l’arco) riceve un’ulteriore iniezione di fiducia dalla nomina a MVP del match.

Le attenzioni, peró, erano tutte sul Golia rappresentato dalla Serbia. Che fino a quel momento era stata tutt’altro che brillante, sostenuta dal proprio talento superiore nonostante le assenze a quello di tutte le altre contendenti. L’Italbasket si approcció ai padroni di casa come un David conscio del proprio valore e con la dose di sfrontatezza giusta: quello che ne uscì fu semplicemente una delle migliori partite di sempre della storia della Nazionale. In difesa, gli azzurri non arretrarono di un centimetro; in attacco, furono balisticamente irrefrenabili. Per una sintesi di questi due aspetti, la sequenza di Simone a inizio quarto quarto: stoppata nella metà campo difensiva, morbido jumper all’altezza della lunetta nella successiva azione offensiva.

Un trionfo eccezionale, con i festeggiamenti a durare poco, visto il viaggio verso Tokyo da intraprendere a breve. Il dibattito sulla presenza o meno dell’attuale miglior giocatore italiano durò poco, mentre più quesiti si trascinava l’inserimento di Danilo Gallinari nelle gerarchie di squadra. Discorso che avrebbe in qualche modo coinvolto Simone, con il prevedibile ridimensionamento delle bocche di fuoco deputate nel Torneo, per ripartire le responsabilità con il Gallo e i mismatch che puntualmente crea contro le marcature avversarie. La risoluzione dell’esordio è stata quella di un’uscita dalla panchina di Danilo, con il pallino offensivo rimasto negli inizi di gara ai protagonisti di Belgrado: quindi, Simone ai Giochi è ripartito da dove aveva lasciato. Prendendosi, innanzitutto, la soddisfazione di timbrare il primo canestro dell’Italbasket al ritorno alle Olimpiadi: dopo 35 secondi dall’inizio del match con la Germania (proprio la patria che lo aveva ospitato fino a qualche giorno prima), con una tripla dall’angolo. E’ stato il preludio di una partita che ha visto una lunga serie di triple andare a segno, in una gragnuola di conclusioni scoccate dietro l’arco che ha visto i teutonici prevalere all’inizio, ma alla lunga soccombere agli uomini di Meo Sacchetti: e fra questi ultimi, a spiccare con un perfetto 5/5 da 3 punti a guidare i suoi al successo, con annessa vittoria nel duello fra compagni di squadra nella scorsa annata a Berlino, Maodo Lô.

L’ostacolo successivo nel percorso degli azzurri è stata l’Australia, una delle candidate alle medaglie dell’intero Torneo, proveniente dal convincente +17 contro la Nigeria che tanto bene aveva fatto durante la preparazione. Come da previsione, l’avversario è stato più duro di quello tedesco, ma anche dopo la sterzata dei Boomers gli azzurri sono rimasti in scia: e, nel tentativo di ricucire lo strappo decisivo di Mills e compagni, è stato Fontecchio con un gioco da 4 punti a tre minuti e mezzo dal termine e un successivo jumper a tenere incollati i nostri. Coronando così la gara da 22 punti segnati, da miglior marcatore assoluto del match.

Nella giornata di domani, arriverà il terzo match di questi Giochi: quello con la Nigeria, crocevia delle possibilità azzurre di qualificazione ai quarti di finale in un’edizione dove gli azzurri contano di sovvertire qualche altro pronostico nei confronti delle selezioni più blasonate, proprio come accaduto contro la Serbia.

Nella prossima stagione Simone raccoglierà il testimone azzurro lasciato da Polonara al Baskonia, che ora si fregia le mani per esserselo accaparrato prima del Torneo Olimpico, ma c’è ancora tempo prima di pensare al futuro. A ricordarglielo in Giappone c’è proprio lo zio Amedeo, allenatore in seconda del Settebello anch’esso impegnato nei Giochi. Da atleta si portò a casa un oro, un argento e due bronzi olimpici (rispettivamente a Barcellona 1992, a Londra 2012, ad Atlanta 1996 e a Rio 2016); mentre, dal ramo paterno dell’albero genealogico, Daniele a Los Angeles 1984 arrivò in semifinale. Che a Tokyo 2020 sia arrivato il momento di Simone?

foto FIBA
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