illustrazione grafica di Paolo Mainini
articolo di Roberto Gennari e Marco Munno

 

 

Il paradenti bianco con disegnate in blu le zanne da vampiro è stato insieme uno dei vezzi più simpatici e uno degli intenti più dichiarati di queste Final Eight 2020. Adrian Banks from Memphis, Tennessee, è arrivato a Pesaro con la voglia di azzannare gli avversari alla giugulare. Un ragazzo in missione: quella di vendicare la finale persa la scorsa edizione, certificando con un trofeo le spumeggianti prestazioni della Brindisi di queste ultime due annate nonché la superba stagione personale.

Come il vino, Adrian più è invecchiato più si è fatto buono: raggiunti i 34 anni di età, invece di affrontare un declino delle prestazioni sportive, Banks sta esprimendo la miglior pallacanestro della sua carriera. In grado di ricoprire con successo sia la posizione di play che quella di guardia e di ala piccola, ha raggiunto una consapevolezza tecnica disarmante (per gli avversari) che gli sta fruttando le migliori cifre mai registrate in campo. Da vero artista del parquet, come il quasi omonimo Banksy lo è dei graffiti, Adrian dipinge pallacanestro in modo sontuoso. Da capitano del team pugliese, però, è ben più di un leader puramente statistico. Soprannominato Agent 0(come quell’altro che tutti noi amiamo, sì) funge anche da guida emotiva per i compagni e per l’intero ambiente brindisino: in ogni penetrazione vincente, in ogni tiro a bersaglio, in ogni assistenza decisiva incanala il sostegno dei tifosi, facendo da propellente per la loro carica, in un circolo virtuoso di passione genuina per il gioco.

Foto newbasketbrindisi.it

Alla Vitifrigo Arena il team di coach Vitucci si è presentato reduce da un andamento più altalenante, rispetto a quello di maggior successo della scorsa stagione: complice l’aumento degli impegni con la partecipazione alla Basketball Champions League, il rendimento di una squadra che basa molto del suo gioco sull’energia messa in campo è stato meno costante. Brindisi si è perciò ritrovata nel tabellone delle finali di Coppa Italia quale penultima qualificata, con la sfida con la seconda, Sassari, all’orizzonte.

Proprio con la compagine sarda i pugliesi, Adrian in primis, avevano un conto in sospeso. Negli scorsi playoffs, per Banks le medie a referto dicevano 23.3 punti e 24.3 di valutazione (miglior dato per entrambe le specialità nella postseason) ma non furono sufficienti per fermare la banda di coach Pozzecco. Il 3-0 finale della serie non rispecchiò una differenza di valori ben più sottile, con il rammarico in casa brindisina di aver incrociato l’unica formazione davvero più in palla della propria.

Il primo rendez-vous in campionato non aveva avuto l’esito sperato per Brindisi e per Agent 0: anzi, negli ultimi 2 minuti e 10 secondi di partita, sul 74 pari, due errori dal campo e uno dalla lunetta proprio di Banks avevano aperto le porte al sorpasso e alla successiva affermazione dei sardi.

Adrian aveva cerchiato sul calendario la data scelta per il riscatto. All’appuntamento del 14 febbraio scorso si è fatto trovare non pronto ma prontissimo: in 37 minuti ha messo a referto 37 punti, con 6/8 da due e 6/12 da tre, oltre al 7/7 ai tiri liberi. Tradotto, si è trattato della miglior prestazione per punti segnati nella storia delle Final Eight, ritoccando di un punto il record precedente di Drake Diener, stabilito proprio in un Sassari-Brindisi, che nel 2013 vide prevalere al supplementare gli isolani.

Non si è fermato lì: aggiungendo 8 rimbalzi e 3 assist, ha raggranellato una valutazione di 41. Si è trattato della migliore mai registrata da un giocatore di Brindisi alle Final Eight, con Banks a superare il suo stesso primato di 40, fissato nei quarti di finale della scorsa edizione contro Avellino con un match da 26 punti, 6 assist, 5 rimbalzi e 8 falli subiti.

Con la Fortitudo il compito di Brindisi si è rivelato più agevole: il largo successo non ha richiesto grande sforzo da parte di Agent 0, che ha messo a referto 11 punti e ben 7 rimbalzi in soli 23 minuti prima di essere tenuto a riposo, risparmiato per l’atto finale.

Sulla strada verso il secondo trofeo in assoluto della società (dopo la Coppa Italia di Legadue del 2012), la truppa di Banks si è ritrovata Venezia, anch’essa alla ricerca della prima Coppa Italia della propria storia. Il game plan difensivo di De Raffaele nella finale è stato impostato in gran parte sul negargli conclusioni facili e contestargli ogni tiro, collassando su di lui con la difesa a uomo e adeguando il posizionamento di quella a zona alla sua presenza. Conseguente è stato l’alto numero di liberi tentati (15, con altrettanti mandati a segno) e falli subiti (10). Adrian ha controllato con difficoltà i primi palloni, la tensione è stata palpabile, Brindisi ha perso terreno nei confronti dei lagunari ad inizio gara. Saranno i suoi 5 punti consecutivi nella seconda metà del secondo quarto a riportare i pugliesi sotto la doppia cifra di svantaggio, così come saranno altri 5 a 3 minuti dalla fine del match a consentire alla truppa di coach Vitucci di giocarsi le chances di vittoria fino in fondo. Adrian sarà l’ultimo ad arrendersi, con la tripla a 9 secondi dal termine finirà con 27 punti personali, prima del necessario fallo su Daye che con un libero segnato chiuderà di fatto il match in favore della Reyer.

37 contro Sassari, 11 contro la Fortitudo Bologna, 27 contro Venezia, per un totale di 75 punti realizzati: un exploit offensivo che è risultato il migliore della storia delle Final Eight, superando quello di un cannoniere quale Alphonso Ford, che lo fissò a 72 nel 2004. Ad impressionare è stata soprattutto la qualità delle scelte offensive e delle letture delle difese avversarie, mettendo in dubbio il primato di David Hawkins quale unico MVP di Final Eight da squadra sconfitta in finale del 2006: un tesoro – neanche troppo – nascosto per coach Vitucci, con cui condivide un lungo percorso assieme nelle rispettive carriere.

(I 37 punti segnati con Sassari rappresentano anche il suo primato individuale da professionista)

Il vizio del canestro facile Adrian se lo porta appresso sin da giovane.

La carriera negli anni universitari del secondo giocatore più forte nato a Memphis nel 1986 (dopo Louis Williams, ok) inizia dopo i quattro anni alla Trezevant High School, dove chiude la stagione da senior a una media di quasi 23 punti a partita. Tra i college interessati ad offrirgli una borsa di studio, Arkansas, Alabama e UAB. Banks però sceglie un Junior College, Northwest Mississippi. Nei due anni a Senatobia, il record è di 59 vittorie a fronte di sole 8 sconfitte. “Il ricordo più bello che mi porto dentro dei due anni di JC è il rapporto che avevamo col figlio di coach Skelton, Trey. Aveva sempre un sorriso per tutti e parole buone, che avessimo giocato bene o male. Era come un fratellino per tutti noi.” Per Adrian, 1098 punti in due stagioni coi Rangers, prima del trasferimento in un college di NCAA Division 1, Arkansas State, nel quale metterà a segno altri 1081 punti in due stagioni.

Nel suo primo anno ai Red Wolves, arriva ad una partita dalla qualificazione per il torneo NCAA, che i suoi hanno disputato una sola volta da quando militano nella Division I, nel 1999. È il secondo miglior realizzatore della Sun Belt Conference dietro a un certo Bo McCalebb. Nel secondo anno, alcune cose girano storte, anche a causa di una brutta faccenda fuori dal campo che lo vede fermato dalla polizia, e sia Adrian che i Red Wolves non riescono a ripetere la buona stagione dell’anno precedente. Le sue due stagioni ad Arkansas State parlano comunque di 20 punti e 4 rimbalzi a partita, col 46,4% da tre. La cosa curiosa è che ad oggi, nella pagina Wikipedia USA sulla squadra di basket di Arkansas State, al capitolo intitolato “Notable players” la lista comprende un solo nome. Inutile a questo punto dirvi di chi si tratta.

Foto astateredwolves.com

Non scelto al draft, la prima tappa della carriera da professionista è in Belgio; una stagione a Pepinser e una a Liegi, dove è il secondo miglior marcatore dell’EuroChallenge a 18 punti a gara, innescato dall’apprezzato compagno di backcourt Mike Green.

Si trasferisce da lì in Israele, a Netanya, dove trova l’amore della vita: quello della signora Rachel, fondatrice dell’associazione “Hoops for Kids”, dedicata al sostegno dei giovani in difficoltà tramite la pallacanestro. In città i ragazzi a rischio sono per la maggior parte figli di immigrati etiopi di prima generazione, per nulla abituati a vedere, in una nazione di popolazione a maggioranza bianca, modelli di successo dalle caratteristiche simili alle loro; Adrian, per il quale arriva anche la svolta religiosa, acconsente subito nel prestarsi alla causa.

Per quanto riguarda il campo, gli viene chiesto di essere prima di tutto un realizzatore: conquista il titolo di capocannoniere della Loto League 2011-2012, con oltre 21 punti di media a partita (con il 49,4% da due, 35,2% da tre e l’82,5% ai liberi), mentre la stagione precedente era risultato campione della gara delle schiacciate all’All Star Game, ex-aequo con Jeremy Pargo.

(Il pareggio è un elemento che piace ad Aaron Gordon)

La Summer League dell’estate del 2012 insieme allo stesso Pargo coi Grizzlies della nativa Memphis non gli porta un contratto NBA; Banks approda allora nel Bel Paese. ll sodalizio tra il giocatore del Tennessee e Frank Vitucci inizia in una stagione memorabile alla Pallacanestro Varese. Banks debutta nel campionato italiano, guarda caso, proprio al PalaPentassuglia di Brindisi in una partita clamorosa tra Brindisi e Varese, guidata da Vitucci, terminata 118-110 per i lombardi al supplementare e in cui Adrian mette a referto 27 punti con 4/6 da tre. Di quella squadra però Banks non è la prima opzione offensiva, e soprattutto non gli venne chiesto molto playmaking. C’era il già menzionato Mike Green, c’era Bryant Dunston e c’era anche Ebi Ere, con cui dividersi conclusioni e responsabilità sui due lati del campo. La sua creatività non si fermava al parquet; anche fuori, la trentina di tatuaggi ne tracciavano un profilo tutt’altro che anonimo, completato dal frequente utilizzo di twitter per interagire con i tifosi e la registrazione di video rap sotto lo pseudonimo di 2cups.

Adrian Banks era un ingranaggio in una macchina da guerra: alla fine della sua prima stagione in Italia, chiude la regular season in testa alla classifica e con la possibilità concreta di riportare a Masnago uno scudetto che mancava dalla stagione 1998-1999 e che sfumerà al termine di una semifinale scudetto all’ultimo sangue (e non priva di strascichi polemici) contro la Mens Sana Siena. La stessa Mens Sana che si porterà a casa la Coppa Italia in finale contro Varese.

(Una piccola soddisfazione da avversario di Siena però ad Adrian resta)

A fine stagione, sia Banks sia Vitucci salutarono Varese, il coach diretto ad Avellino e Adrian di ritorno in Israele. Pochi mesi all’Hapoel Gilboa Galil e, a dicembre 2013, Banks tornerà a Masnago. Il tandem Frates-Bizzozi tuttavia porterà Varese molto lontana dalle vette dell’annata precedente. Adrian sarà il migliore dei biancorossi (17 punti a partita, col 46% da tre e il 90% dalla lunetta), ma a fine stagione lascerà di nuovo, e stavolta definitivamente, Varese, per ricongiungersi al suo mentore ad Avellino.

In Campania le cose non gireranno completamente per il verso giusto. Banks sarà nuovamente il capocannoniere della squadra con 15.3 punti; tuttavia dopo 11 sconfitte in 12 partite coach Vitucci, che lo aveva fortemente voluto dopo la precedente fortunata esperienza per farne il leader dei campani, venne esonerato. Fotografia della stagione è quanto accade in Coppa Italia: Avellino, qualificata come ottava nel tabellone, nel quarto di finale con un’ottima partenza mise in difficoltà i campioni d’Italia di Milano. Tuttavia, col punteggio in parità nelle ultime due azioni, prima Banks perse malamente il pallone sulla difesa di David Moss, con MarShon Brooks a firmare poi sulla sirena il canestro della vittoria milanese.

Scende ancora più giù nella penisola italica, si accasa a Brindisi. In Puglia vivrà il suo miglior periodo da giocatore in A: viaggia a 19 di media, il massimo per lui in Italia e sfiora il titolo di capocannoniere. Curiosamente, raggiunge l’apice con i 33 punti e il 36 di valutazione contro Pesaro, confermando una certa affinità con la città e le prestazioni balistiche di livello.

Nonostante un’annata avara di risultati per la squadra, la città si affeziona da subito al ragazzo e anche al suo primogenito: per la prima volta Adrien, detto Drizzy, riesce a stare insieme all’adorato padre per l’intera stagione, diventando presenza fissa agli allenamenti e alle partite al PalaPentassuglia.

Per tornare vicino alla famiglia, si concretizzò il suo ritorno in Israele, a Tel-Aviv in maglia Hapoel: la seconda stagione contribuì alla qualificazione del team alle Final Four del campionato, conquistando la palma di miglior Sesto Uomo del torneo con11.4 punti, 2.3 rimbalzi e 1.9 assist di media.

Il richiamo di una pallacanestro più competitiva si fece però forte; alla ricerca dell’ultima occasione della carriera di confrontarsi in un basket di maggior livello, Adrian non ci pensò due volte quando a bussare alla sua porta fu Simone Giofrè, il direttore sportivo che per primo lo portò in Italia a Varese e che ora desiderava ricomporre a Brindisi la coppia con Vitucci.

Dopo un’estate non semplice, la squadra puntava ad una comoda salvezza; Agent 0 peròaveva già dimostrato di saper dare il massimo quando dal blues di Beale Street passa al ritmo della taranta.

Brindisi è una delle rivelazioni dell’annata: disputa la stagione migliore della storia del club, chiudendo nella fase regolare al quinto posto e raggiunge la finale di Coppa Italia (entrambi i massimi traguardi mai raggiunti dalla società pugliese).

Adrian dimostra di non aver perso colpi, anzi, di aver migliorato il proprio apporto a tutto tondo: alle consuete doti realizzative, visti i continui infortuni del playmaker titolare designato Wes Clark, fa da regista occulto, dividendosi le responsabilità nel dettare i tempi di gioco del gruppo assieme a Ricky Moraschini.

La superba serie giocata nei playoffs non rappresenta il suo canto del cigno, tutt’altro. Con la professionalità e la cura del fisico che lo contraddistinguono, la primavera in più sulle spalle all’inizio di questa stagione non gli pesa. Parte infatti ottimamente, aumentando la sua efficienza in campo e sublimando l’ormai grande esperienza sul parquet in una gestione migliore dei ritmi non solo personali, ma dell’intera squadra.

Non è solo un fuoco di paglia; il suo rendimento si mantiene eccellente, e in un campionato (dove il suo utilizzo è maggiore rispetto alla Basketball Champions League) che lo vede attualmente primo per punti segnati, nono per assist smazzati, primo per falli subiti e secondo per valutazione, si è ritagliato anche il posto nel libro dei record della società del presidente Marino: il 42 di valutazione registrato contro Brescia è il massimo mai ottenuto per un giocatore con la divisa di Brindisi.

Con il 41 del match in Coppa Italia contro Sassari, Banks si è preso il secondo posto del podio da cui ha scalzato… sé stesso!

Già 4 volte MVP di giornata nell’attuale torneo di Serie A, alla torta della candidatura quale miglior giocatore del campionato ha aggiunto la ciliegina del weekend pesarese.

Il risultato ottenuto al termine delle Final Eight può suonare per molti tifosi come una irripetibile occasione sprecata, ma proprio quanto successo mostra come non debba andare per forza così. Anche la finale di Coppa Italia persa nella scorsa stagione poteva sembrare una vetta non più raggiungibile nel percorso di questo ciclo del team pugliese. Essere nuovamente arrivati all’ultimo atto, nonostante una prima metà di stagione più tormentata della precedente, fa da attestazione del valore di un gruppo che potrebbe risultare ulteriormente cementato da questa esperienza. Invece di considerarlo un punto di arrivo, potrebbe viverlo come un punto di partenza, ricevendo una nuova spinta a livello motivazionale, contando sulla voglia di confermarsi di Brown, sul desiderio di rivalsa di Tyler Stone, sulla ricerca di una nuova occasione per Sutton, sull’adattamento al proprio ruolo completato da Thompson, sulla crescita di Zanelli, sulla consapevolezza dei propri mezzi di Gaspardo e Campogrande, sulla sinergia coi ragazzi creata da coach Vitucci (ancora a caccia del primo trofeo da capo allenatore) e dall’intero staff tecnico.
Ma soprattutto, non c’è traguardo che debba essere precluso, con un Adrian Banks in questa meravigliosa condizione; una sicurezza granitica di rendimento eccezionale sul parquet, come direbbero dall’altra parte dell’Oceano: money in the Banks.

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