Il primo turno degli NBA playoffs 2016 è terminato. Anzi, ad essere precisi, è già iniziato il secondo, ma non facciamoci caso. Mentre fate zapping internautico tra una puntata di Game of Thrones e il seicentesimo video delle routine pre-gara di Steph Curry, in attesa delle prossime partite, eccovi il riassunto delle puntate precedenti, tra serie dichiarate già chiuse dopo gara uno e blasfemie varie. Per risparmiarvi gli insulti ecco un DISCLAIMER: non capisco niente di pallacanestro, sono una via di mezzo tra Guido Bagatta e un panzerotto.

 

Enjoy.

 

San Antonio Spurs: La chiave della loro vittoria? Hanno fatto più punti degli altri. Next question. #FirmatoPopovich

pop

Memphis Grizzlies: Martoriati dagli infortuni: sette giocatori sui dieci impiegati dai Grizzlies fino a tre mesi fa non vedevano il campo, e a buon titolo.

In tutte e quattro le gare si giocavano i primi due quarti, poi il povero Vince Carter si ricordava di avere quarant’anni e di dover marcare quel mostro di Kawhi Leonard. Degni di nota Farmar, che pur tirando di merda non si è mai perso d’animo e ha persistito nel tirare, e tal Xavier Munford, che seguivo fin dai tempi della sua carriera musicale con i Munford&Sons. Coach Joerger alla fine di gara 4 si è commosso, un po’ per l’impegno profuso dai Grizzlies e un po’ perché gli han fatto vedere la lista degli infortunati durante questa stagione.
#SaveJoerger

pianto

 

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Golden State Warriors: Partono bene, anzi male, perché si fa male Curry. Poi vanno benissimo e vincono le prime due gare, anche se i Bulls del 95-96 le vincevano meglio. Poi Houston ne vince una e la gente inizia a mettere il piede giù dal carrozzone, nel dubbio.
In piena tradizione playoff Curry ritorna per prendersi la squadra sulle spalle. È un momento moderatamente emozionante: avete presente Willis Reed che torna in campo infortunato contro i Lakers? Ecco, quello era più emozionante.
Gara 4 procede punto a punto, poi Curry, per aumentare la suspense, decide di emulare una spaccata di Carolina Kostner, scivola malamente – eseguendo comunque uno scivolamento migliore di quelli difensivi di Harden – e si distrugge un ginocchio. Fortunatamente Klay Thompson, che ha la stessa varietà di espressioni di Andrea Pirlo, Draymond Green e soci prendono in mano la situazione e chiudono la serie vincendo gara 4 e gara 5. I Bulls del 95-96 però avevano una migliore mimica facciale.

#SummerOf9596

curry rose

Houston Rockets: Da diverso tempo Dwight Howard e Josh Smith dibattevano sulla natura del concetto di angoscia secondo Kierkegaard: dopo le prime due gare della serie, hanno convenuto che esso nasce dall’incertezza, dall’instabilità del futuro e dall’assenza di fase difensiva dei Rockets. In gara tre riescono a strappare una vittoria grazie ad un tiro clutch di James Harden, probabilmente il meno festeggiato della storia (vedi foto).
Quando si rompe Curry in gara 4 capiscono di avere qualche speranza in più di portare a casa la serie, quindi si rimboccano le maniche e perdono. Nonostante ciò il veterano Jason Terry, gasatissimo, proclama che vinceranno gara 5. Facendo valere l’esperienza, realizza uno 0/7 dal campo in 24 minuti.

Dopo aver ricostruito praticamente la stessa squadra dell’anno scorso, escono 4-1 contro i Warriors. Proprio come agli scorsi playoffs, quando erano usciti 4-1 contro i Warriors.

#LogicaAristotelica

E qui stavano vincendo!
E qui stavano vincendo!

 

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Oklahoma City Thunder: Il primo principio della termodinamica afferma che Waiters più Kanter è probabilmente la coppia più dannosa in termini di equilibri tattici, ma i Thunder non lo sanno e li tengono lo stesso. Ok, forse la definizione non era questa ma rimango della mia idea.
In ogni caso portano a casa agilmente gara 1, perdono inaspettatamente gara 2, poi portano a casa la serie vincendo le successive tre partite. Westbrook vero trascinatore della squadra, ma resterà negli annali il momento in cui Kevin Durant, per redimersi dal suo commovente discorso di ringraziamento alla cerimonia di consegna del titolo di MVP, dà dell’idiota a Mark Cuban, Charlie Villanueva, tutta la sala stampa, Margherita Hack e mio zio.

#NoMoreMrNiceGuy

idiot

Dallas Mavericks: Arrivati senza troppe aspettative, capiscono di avere il favore degli Dei quando riescono a pareggiare la serie sull’1-1 grazie ad un 21 + 11 di Raymond “Ciccio” Felton, quello arrestato qualche tempo fa per possesso illegale di armi, nonostante sia noto che he can’t shoot.
Gli Dei erano probabilmente offesi dalle danze di Payne e Westbrook, oltre che dalla mancanza di rispetto protratta da costoro, senza timore reverenziale alcuno, a Charlie Brown Villanueva, loro favorito: non si spiega, altrimenti, come faccia ad avere una moglie così gnocca.
Spostato malamente mentre impacciava il loro ballo prepartita, un indispettito Villanueva si è lamentato aspramente sui social e ha poi sfidato amichevolmente Westbrook ad un dance contest.
Il quale, grazie a qualunque cosa ci sia di bello nel mondo, non ha avuto luogo.
Purtroppo per i texani, quando il proprietario Mark Cuban ha dichiarato  che a parer suo Russell Westbrook non sia una superstar, anche gli dei si son messi le mani in fronte per la stronzata e li hanno condannati all’eliminazione.

#CubanPlease

viallan

 

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Cleveland Cavaliers: Ronf…Eh? Come? Ah sì giusto, ehm, Cleveland. In Gara 1 vincono grazie ad una buona prestazione di Love, Irving e LeBron.
Poi si convincono di essere i Warriors e in gara 2 tirano con 20/38 dall’arco.
Le altre due non so cosa sia successo perché mi sono addormentato dall’emozione, ma in ogni caso serie chiusa 4-0, LeBron è sempre il Re, JR il suo fido luogotenente, Kevin Love un valvassore, Irving un valvassino e Dellavedova la peste nera.

#RapportiFeudali

foto di repertorio
foto di repertorio

Detroit Pistons: Ormai è ufficiale: SVG (che sta per Sto Vecchio Grasso, e non per Stan Van Gundy) non capisce un cazzo di basket ed è solo riuscito a portare ai playoff una squadra che l’anno scorso aveva meno IQ cestistico di un kebab alle quattro pomeridiane. Poca roba.
Ottimo Drummond, peccato per quel 35% ai liberi che in UISP sancirebbe un career-ending injury ad opera dei compagni di squadra.
Degno di nota anche l’altro Stan, ossia Stanley Johnson, che decide di tirare fuori le palle e difendere come meglio riesce su James, sia a livello fisico che psicologico. Ho sentito molti definire il rookie “irrispettoso”, per questa ragione. Magari sono gli stessi che rimpiangono i tempi dei Bad Boys.

#TeamStan

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Los Angeles Clippers: Partono molto bene, con un paio di prestazioni di Chris Paul che andrebbero fatte vedere nelle scuole e soprattutto un leggendario Mbah a Moute, che tira col 100% dal campo nelle prime due partite (1/1). Già in gara tre però il vento inizia a soffiare verso l’Oregon, e i Blazers accorciano le distanze con una vittoria in casa. Poi è tragedia: Paul si rompe la mano dando quando Gerald Henderson cerca di prendergli il pallone e finisce col dargli un cinque particolarmente veemente: stagione finita.
Come se non bastasse perdono anche Griffin, per il riacutizzarsi del suo infortunio al quadricipite. Se, di notte, accostate l’orecchio ad una palla da basket, potrete ancora sentire le blasfemie di Doc Rivers. Vittime della sorte, lottano fino all’ultimo, ma neanche Austin Rivers riesce a recuperare la serie, nonostante gli 11 punti messi a segno sul suo sopracciglio sinistro da una gomitata di Aminu. In compenso sta pensando al debutto in UFC.

#Mbahlievable

Direi che riassume perfettamente. (Immagine di NBA Passion)
Direi che riassume perfettamente. (Immagine di NBA Passion)

Portland Trail Blazers: Dopo una regular season nettamente al di sopra delle aspettative, i Blazers iniziano la serie ricordandosi che in teoria dovrebbero essere scarsi, e perdono abbastanza malamente le prime due gare. Trovata la vittoria in casa grazie al solito Lillard, i cui organi genitali ai playoff tendono a raggiungere il peso di 25 kg complessivi, decidono di praticare dei riti satanici pur di portare a casa la serie. Qualcosa di sovrannaturale dev’essere accaduto, visto che Paul e Griffin son rimasti fuori e Al-Farouq Aminu – ripeto,
AL-FAROUQ  AMINU – ha piazzato 30 punti, 10 rimbalzi, 3 assist e 3 stoppate in gara 4.  Dopo un evento del genere, il destino della serie era perennemente segnato.

#PapèSatanAminu

lilla

 

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Atlanta Hawks: Dopo la scorsa stagione, passata alle luci della ribalta, quest’anno gli Hawks sostanzialmente son stati cagati pochissimo. Probabilmente a causa delle nuove casacche.

In ogni caso sono probabilmente la squadra più efficace tatticamente in questo primo turno. Appurato che l’attacco dell’anno scorso andava più che bene, quest’anno Budenholzer ha un’idea bizzarra, e prova anche a farli difendere: l’intuizione funziona e portano a casa le prime due gare. Perdono gara 3 e gara 4, due lotte senza quartiere, ma nelle gare successive sottopongono gli avversari ad un bombardamento di triple, in gara sei mandano sei uomini in doppia cifra, vincono la prima gara a Boston dai tempi di Wilkins (lacrimuccia) e chiudono la pratica per andare ad affrontare Lebron.

#TuttoHawkay

alt

Boston Celtics: Funestati dall’infortunio di Bradley, uomo chiave in difesa, i Celtics si fanno prendere dallo sconforto e perdono le prime due gare della serie. Poi Isaiah Thomas, decide di emulare quell’ altro Thomas signore a cui deve il nome (quasi), quello dei Pistons, e trascina la squadra a due vittorie chiave per pareggiare la serie, una delle quali all’overtime.
Capito l’andazzo, Thomas viene preso di mira dalla difesa avversaria nelle gare successive, che gli impedisce di andare in penetrazione e, nonostante riesca a mettere a segno ancora cifre ragguardevoli, questo danneggia molto l’attacco di Boston.
Nonostante il grande cuore, il gruppo allenato da Stevens (coff coff vero Coach Of The Year coff coff) non riesce a reggere il confronto, e viene eliminato più tristemente di Sullinger ad un concorso di maglietta bagnata. O di Sullinger in un campo da basket. Se solo avessero avuto il fattore campo come avevamo profetizzato ad inizio stagione.

#CheSchifoLaGuidaTipo

bost

 

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Toronto Raptors: Tradizione vuole che ogni anno, ai playoff, i Raptors siano meno costanti delle sinapsi di Gasparri.  Perdono gara 1 in casa per dimostrarsi ospitali: d’altro canto non può andare diversamente quando il miglior realizzatore è Cory Joseph. Riescono a vincere la gara successiva grazie al barbuto Valanciunas, poi anche gara tre grazie a DeRozan che finalmente si ricorda che deve mettere la palla dentro il canestro e non buttare giù il ferro. Quando sembra che finalmente abbiano preso il ritmo, ecco che Lowry si fa buttare fuori per falli e assieme a DeRozan combina uno 0 su 7 da tre, giusto per ricordare a tutti che sono entrambi All Stars.
Passano in vantaggio sul 3-2 in gara 5, grazie una vera prestazione da All Star di DeRozan e un 12 + 16 di Biyombo che induce a porsi domande sul senso dell’esistenza. Persa ovviamente gara 6 ad Indiana per la suspance, riescono a chiuderla in gara 7 e avanzano al secondo turno per la prima volta da anni.

#CheFaticaPerò

deroz

Indiana Pacers: Se Lebron è il Re, Paul George è di sicuro un Principe più che degno: punto fermo durante tutta la serie, trascina letteralmente la squadra fino in gara 7 con una prestazione straordinaria dietro l’altra. Fa anche collezioni di tecnici per dimostrare che è un uomo vero e non ha paura di andare petto a faccia con uno come Lowry. Buone prestazioni anche da parte di George Hill e Monta Ellis, che purtroppo non bastano quando George cala nel secondo tempo di gara 7, leggermente stanco.
Momenti drammatici in gara 5 quando Stuckey è finito addosso al rapper Drake durante un turnover: le peggiori paure dei presenti si sono avverate, quando si sono accorti che Drake non si era fatto nulla.

#OhTheUmanity

sing
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Miami Heat: Vincono le prime due gare like is 2006, con un Wade da far scendere la lacrimuccia di commozione e un attacco che gira benissimo. Poi subiscono l’impeto degli Hornets, in preda all’esaltazione dopo aver vinto gara tre, e perdono tre partite consecutive. Sale di nuovo in cattedra Wade, che mette le sue prime due triple da dicembre – una delle quali con 46 secondi sul cronometro – in una prestazione da 23 punti, 6 rimbalzi e 4 assist, e riescono a pareggiare la serie a Charlotte. In Gara 7, oltre al solito Wade, è Dragic a prendersi la squadra sulle spalle, realizzando 25 punti, e permettendo agli Heat di chiudere la serie.

Quasi dimenticavo: tutto questo senza Bosh.

#AhGià

wade

Charlotte Hornets: Dopo aver perso le prime due partite, gli Hornets vincono la prima partita in postseason da 14 anni a questa parte, dando vita ad intense celebrazioni in North Carolina e ricordando quanto sua altezza MJ faccia cagare come GM.
Trascinati da Kemba Walker e Jeremy Lin, gli Hornets vincono anche gara 4, poi stupiscono tutti riuscendo anche a strappare una vittoria in gara 5. Decisiva una tripla pesantissima di Courtney Lee, che aveva tirato mattonate per tutta la partita, e una gran confusione degli Heat negli ultimi minuti. Nelle gare decisive si fa però sentire la minore esperienza nella postseason, che permette agli avversari di chiudere la serie. Non ha aiutato l’infortunio di Nic Batum, uscito per un problema alla caviglia in gara due: pur riuscendo a tornare in campo nel corso della serie, non ha mai recuperato del tutto.
Secondo la leggenda, ogni volta che qualcuno, nel mondo, afferma di credere nel potenziale degli Hornets, subito una delle loro ali si infortuna.
In una nota a margine, è scesa la lacrimuccia quando Pippen è venuto a trovare Jordan durante la partita.

#PortavaLeBibite

jord pip

 

Meanwhile, San Antonio si è tolta le pantofole e ha già asfaltato i Thunder in gara 1, mentre i Warriors hanno sconfitto i Blazers trascinati da Klay Thompson: mamma mia che Finale di Conference che potremmo avere tra le mani. Ci vediamo alla fine del secondo turno.

 

di Davide Romeo

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Davide Romeo

Aspirante giurista, aspirante playmaker, la classe di Jerry West e il controllo palla di DJ Mbenga.

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